È colpa degli esseri umani se gli oranghi sono sull’orlo dell’estinzione. Le prove, questa volta, sono contenute in uno studio di genetica condotto dall’Università di Cardiff e pubblicato su PLoS Biology. La ricerca ha preso in esame il calo improvviso degli esemplari nella zona di Sabah, in Malesia. La decimazione che si è verificata negli ultimi cento anni è imputabile alla caccia (da tempo illegale) e alla trasformazione dell’habitat a causa di un selvaggio disboscamento, iniziato già nel 1890 e accelerato negli ultimi cinquanta anni. Per la prima volta uno studio del genere ha basi genetiche, essendo stata effettuata una ricerca sul declino della popolazione a partire dalle tracce di oranghi che un tempo popolavano la foresta. Attraverso le analisi dei frammenti di peli della pelliccia e lo studio delle feci, sono stati identificati circa duecento oranghi usando specifici i marchi genetici. Le informazioni del Dna hanno contribuito a ricostruire la storia della specie e rilevare un elevato rischio di estinzione, che nell’immediato futuro potrebbe diventare definitiva: gli oranghi, infatti, sono incapaci geneticamente di adattarsi al nuovo ecosistema. Le minacce principali alla sopravvivenza degli grandi scimmie in Sabah provengono dallo sviluppo delle piantagioni di palme da olio e dalla distruzione della foresta. Attualmente il 60 per cento degli oranghi sta vivendo fuori della rete delle zone protette. Si conta ne siano rimasti soltanto poche migliaia, destinate tutte a scomparire, se le foreste saranno convertite in agricoltura della palma da olio. (a.c.)
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