Lidar scruta gli oceani

Riescono a fagocitare circa un terzo dell’anidride carbonica prodotta sulla Terra, contribuendo così, in maniera determinante, a ridurre l’effetto serra e il riscaldamento del pianeta. Per questo gli oceani sono considerati gli “spazzini” dell’aria. Un compito, quello di ripulire ciò che gli esseri umani sporcano, che si fa sempre più gravoso. Soprattutto se a questo si aggiunge il carico di inquinanti che viene riversato direttamente in mare. Diventa quindi importante monitorare lo stato di salute di queste preziose riserve ambientali. Come? Attraverso un radar ottico che funziona con luce laser. Il suo nome è Lidar ed è stato messo a punto, anni fa, da Giorgio Fiocco, considerato uno dei maggiori esperti italiani di fisica dell’atmosfera. E infatti lo strumento è stato finora rivolto verso l’alto, a studiare la composizione dei gas che circondano la Terra. Ora però alcuni ricercatori dell’Enea hanno deciso di “voltarlo” e di sfruttare le sue capacità per guardare nelle profondità oceaniche. Delle prossime applicazioni di questo strumento si è parlato alla Scuola internazionale di elettronica quantistica del Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice.”Questi studi servono a verificare la capacità degli oceani di assorbire l’anidride carbonica, uno dei principali gas serra”, spiega il ricercatore Enea Luca Fiorani. “In Antartide, utilizzando lidar fluorosensori, sono stati ottenuti risultati soddisfacenti e per questo abbiamo deciso di ampliarne i campi di applicazione”. In fase sperimentale, l’Enea, ha già messo a punto un lidar sottomarino, cioè a dire un radar laser capace di agire sott’acqua, scrutando fin dove arriva la luce del Sole, proprio in quella zona dove si sviluppa il fitoplancton. L’importanza della ricerca è tutta racchiusa nel monitorare, su scala globale, la “pompa biologica”: l’attività del fitoplancton, responsabile dell’azione di assorbimento dell’anidride carbonica durante la fotosintesi.”Siamo tecnicamente in una fase molto avanzata”, spiega ancora il ricercatore, “e l’unico freno è, purtroppo, quello dei finanziamenti”. Due sono i progetti di punta: Fish (Fluorescence induced submarine hydrographer), una sorta di siluro dotato di radar laser e di alcuni sensori e Uav (Unmanned aerial vehicle), un velivolo a forma di ciambella, dotato di radar laser e telescopio. A quest’ultimo progetto dell’Enea collaborano – per la parte riguardante la costruzione della carlinga – anche ricercatori del Politecnico di Torino e dell’Università “La Sapienza” di Roma. In particolare sul Fish, – il siluro è in fase di realizzazione – sarà montato un sensore capace di quantificare l’energia luminosa a disposizione dei vegetali marini per la fotosintesi (radiazione fotosinteticamente attiva). Questo tipo di esame, associato a quello eseguito dal lidar fluorosensore (monitoraggio del fitoplancton), fornirà un quadro complessivo dello stato di salute degli oceani. Il Fish eseguirà inoltre altri test di routine: velocità delle correnti marine, misure di temperatura e salinità delle acque. Lo Uav, una sorta di ciambella volante autonoma – che assomiglia a un disco volante – avrà un impiego molto più vasto in termini di superficie da esplorare. La piattaforma, infatti, può viaggiare, per gli spostamenti, a bordo di un’imbarcazione da dove, al momento opportuno, mediante un sistema di radiocomando, può decollare e atterrare. Durante il suo viaggio la ciambella volante – che è in grado di allontanarsi dalla base di decollo di alcune decine di chilometri e per almeno un paio di ore senza rifornirsi di carburante (le caratteristiche dei velivolo non sono state ancora stabilite con precisione) – registra una serie di preziose misurazioni legate ai meccanismi di assorbimento del gas inquinante a opera degli oceani. Cero non si può pensare di monitorare tutta l’estensione degli oceani con la ciambella volante. Tuttavia, test a campione forniranno agli scienziati elementi ancora più utili di quelli oggi forniti, su larghissima scala, dai satelliti. “Con i satelliti, pur avendo una visione d’insieme, non possiamo ottenere risoluzioni come quelle raggiungibili con i nuovi mezzi”, conclude Fiorani.

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