Forse invecchiare è, letteralmente, tutta questione di testa. Due aree del cervello, i nuclei dorsomediali e laterali dell’ipotalamo, potrebbero infatti essere la sede di un autentico “centro di controllo dell’invecchiamento”, che segnalerebbe all’organismo quando iniziare ad invecchiare. La scoperta arriva da uno studio della Washington University School of Medicine di Saint Louis, apparso sulle pagine di Cell Metabolism. Sirt1, una proteina legata ai regimi alimentari ipocalorici, sarebbe infatti in grado di aumentare l’attività neurale nei due nuclei dell’ipotalamo, dando il via ad una serie di processi fisiologici che ritardano l’inizio dell’invecchiamento.
L’ipotesi che Sirt1 giocasse un ruolo nel ritardare l’invecchiamento non è nuova. Studi precedenti avevano infatti dimostrato che la sua produzione aumenta quando un organismo è sottoposto a una dieta ipocalorica, un regime alimentare collegato a sua volta a un aumento della longevità. Fino a oggi però, il meccanismo con cui Sirt1 potrebbe allungare la durata della vita rimaneva un mistero.
Nel loro studio, i ricercatori di Saint Louis hanno utilizzato due gruppi di topi modificati geneticamente per produrre una quantità anomala di Sirt1. Nel primo gruppo, la sovrapproduzione della proteina avveniva nei tessuti del corpo, mentre nell’altro interessava unicamente l’area del cervello. I ricercatori hanno osservato la durata media della vita dei roditori, senza sottoporli a restrizioni alimentari, e hanno così notato che gli animali modificati per produrre la proteina nel cervello, battezzati Brasto, vivevano più a lungo di quelli dell’altro gruppo.
Studiando la struttura fisica degli animali, i ricercatori hanno scoperto che in questi esemplari la proteina aveva scatenato diversi cambiamenti. “La struttura dei muscoli scheletrici dei topi anziani era incredibilmente simile al tessuto muscolare dei giovani”, racconta Shin-ichiro Imai, coordinatore dello studio. “Un topo di 20 mesi, l’equivalente di 70 anni in termini umani, risultava attivo e in salute come uno di cinque”.
Oltre ai cambiamenti a livello muscolare, i Brasto mostravano un aumento significativo dell’attività fisica notturna (periodo in cui i topi sono più attivi), nella temperatura corporea e nel consumo di ossigeno, e un miglioramento nella qualità e nella quantità del sonno. Al termine dell’esperimento, la loro durata di vita media risultava aumentata del 16% nel caso delle femmine, e del 9% nel caso dei maschi. Per fare un paragone, nella nostra specie equivarrebbe ad aumentare la vita media fino a 100 anni nelle donne, e ben oltre gli ottanta nel caso degli uomini.
“Quello che abbiamo osservato nei Brasto è un ritardo dell’inizio del declino fisico legato all’età”, spiega Imai. “La velocità dell’invecchiamento quindi non rallentava, ma l’inizio della vecchiaia veniva spostato più avanti”. Studiando il cervello dei roditori, i ricercatori hanno scoperto che l’effetto era dovuto a un aumento dell’attività dei due nuclei dell’ipotalamo, ovvero dorsomediali e laterali, che grazie all’azione di Sirt1 iniziavano a inviare segnali neurali verso i muscoli scheletrici.
Secondo Imai, i risultati suggerirebbero l’esistenza di un autentico “centro di controllo dell’invecchiamento” nell’ipotalamo, che modulerebbe e darebbe inizio al declino fisico legato all’età. Se questo fosse vero, sarebbe pensabile intervenire su queste aree del cervello, e ritardare così gli effetti dell’invecchiamento anche in altre specie di mammiferi, e forse anche nell’essere umano.
Credits immagine: Ryan Seyeau/Flickr
Riferimenti: Sirt1 Extends Life Span and Delays Aging in Mice through the Regulation of Nk2 Homeobox 1 in the DMH and LH. Doi: 10.1016/j.cmet.2013.07.013
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