Lotta europea ai rifiuti

Ogni cittadino europeo produce in un anno 14 chilogrammi di spazzatura elettrica ed elettronica: computer, chip, televisori, cellulari, frigoriferi. Oggetti ormai diventati di uso comune che però, una volta dismessi, sono difficilmente riciclabili. Infatti, più del 90 per cento di questa immondizia viene smaltita senza alcun pretrattamento che impedisca l’inquinamento dell’ambiente. Ecco perché il Parlamento Europeo sta correndo ai ripari e ha approvato all’unanimità in seconda lettura il 10 aprile scorso la proposta della Commissione di rendere obbligatorio entro il 2005 il ritiro dei prodotti usati e il riciclo dei materiali da parte delle aziende produttrici. Una misura tesa a non far accadere in Europa quello che in Asia è già realtà: vecchi computer e parti elettroniche, spesso provenienti dagli Stati Uniti, vengono abbandonati in campi oppure lungo vecchi canali dove rilasciano sostanze dannose quali mercurio, piombo e cadmio. Di più: spesso le carcasse vengono in parte bruciate con acidi per recuperarne le piccole quantità di oro e d’argento, con ulteriori gravi conseguenze ambientali.

Il voto del Parlamento ha preoccupato le oltre 10 mila aziende del settore che operano nel Vecchio Continente con un giro d’affari che si aggira intorno ai 500 miliardi di euro. Secondo la direttiva, infatti, le società dovranno pagare il costo della raccolta e del riciclo dei rifiuti. E la norma europea ha anche suggerito quanto debba essere il materiale smaltito per persona: sei chili. Con un costo stimato dagli industriali che si aggirerà intorno ai 15 miliardi di euro all’anno. I prodotti elettronici saranno muniti di etichette che inviteranno i consumatori a non buttare l’oggetto ma a restituirlo presso il negozio dove l’hanno comprato oppure a depositarlo negli appositi punti di raccolta. Al vaglio del Parlamento andrà ora una proposta dei produttori: tassare i prodotti al momento dell’acquisto per lo smaltimento successivo. Quanto? Da 50 centesimi di euro per un telefonino fino a 20 euro per un frigorifero.

Ma la battaglia contro i rifiuti in altri casi si è dimostrata più difficile da perseguire. È infatti tutt’ora in discussione al Parlamento Europeo una proposta per emendare la direttiva del 1994 sul recupero dei materiali da imballaggio (carta, cartone, plastica, metallo e legno), da molti ormai considerata superata. Quando lo scorso dicembre la Commissione Europea ha varato una proposta di modifica alla 94/62 si è subito accesa una forte discussione. Secondo Dorette Corbey, la relatrice della proposta in Parlamento, gli standard della vecchia direttiva vanno aggiornati e migliorati. La Commissione propone di modificare la percentuale di materiale da imballaggio da riciclare dall’attuale 25-45 per cento al 55-70 per cento entro il 2006. Il materiale recuperato deve passare dall’attuale 50-65 per cento al 60-75 per cento, dove per “recupero” si intende non solo il riciclaggio ma anche la conversione in altre fonti energetiche, come per esempio attraverso l’incenerimento a basso impatto ambientale.

Da questi incrementi, secondo la Commissione, trarrà vantaggio non solo l’ambiente ma la società stessa: si creeranno infatti nuovi posti di lavoro e nuovi investimenti nel settore della gestione e del riciclaggio dei rifiuti. Ma l’European Organization for Packaging and the Environment, l’organizzazione europea per il commercio e l’industria dei materiali da imballaggio, si è già schierata contro la proposta, dichiarando che gli standard suggeriti imporrebbero ai Paesi membri di recuperare un gap troppo ampio e in troppo poco tempo. La proposta inoltre istituisce per la prima volta degli obiettivi “differenziati” per il riciclaggio dei vari tipi di materiale (60 per cento del vetro, 55 per cento di carta e cartone, 50 per cento dei metalli e 20 per cento della plastica).

I tempi di approvazione non sembrano poter essere immediati (la prima proposta di modifica della 94/62 è del settembre 1999), ma se nonostante le polemiche la proposta dovesse passare l’Italia dovrà correre ai ripari. Secondo l’Institute of Waste Management, l’organizzazione che rappresenta i professionisti del riciclo in Gran Bretagna, il nostro Paese infatti ricicla appena il 3 per cento dei rifiuti domestici, contro il 50 per cento dell’Austria o il 46 per cento della Germania.

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