Un marcatore per scovare l’hiv nascosto nelle cellule

È uno dei (pochi) limiti delle terapie attualmente in uso contro l’hiv, i cosiddetti farmaci antiretrovirali. Che riescono a sopprimere la replicazione e la diffusione del virus, impedendo che questo causi Aids, ma non sono efficaci nell’eradicarlo completamente dalle cellule. Ed è proprio questo il motivo per cui, tecnicamente, non è ancora mai possibile dirsi completamente guariti dall’infezione. Ma la scienza sta facendo rapidi passi in avanti in questa direzione: un’équipe dello Institut de Génétique Humaine al Laboratoire de Virologie Moléculaire della Université de Montpellier e di altri istituti di ricerca, coordinata da Monsef Benkirane, ha infatti appena annunciato di aver individuato un biomarcatore, presente sulla superficie cellulare, che potrebbe essere usato per identificare e analizzare le cellule immunitarie che ospitano serbatoi nascosti di hiv. I dettagli della scoperta sono stati pubblicati sulla rivista Nature.

Le cellule che notoriamente ospitano più riserve di virus dormiente sono le cosiddette CD4 T, un particolare tipo di linfociti. Benkirane e colleghi le hanno studiate in vitro, identificando una proteina espressa sulla loro superficie, la CD32a. Analizzando i campioni del sangue prelevati da 12 pazienti sieropositivi e trattati con terapie antiretrovirali, i ricercatori hanno notato che la CD32a non è presente su cellule non infette o su cellule cosiddette latentemente infette, ossia in cui non si osserva replicazione del virus.

L’idea dell’équipe, dunque, è che la proteina possa essere usata come marcatore per identificare i serbatoi di virus dormiente e studiare i migliori approcci terapeutici per eradicarlo dalle cellule: gli scienziati sono convinti che la presenza della proteina sulla superficie dei linfocitii, infatti, sia una condizione necessaria alla presenza del virus stesso. È importante sottolineare, comunque, che le conclusioni cui sono giunti gli autori del lavoro sono ancora molto preliminari: saranno necessari altri esperimenti per comprendere appieno il ruolo dell’espressione della proteina nei serbatoi. Ma si tratta comunque di risultato molto promettente in vista dell’ambizioso obiettivo finale, la cura definitiva per l’infezione da hiv.

Via: Wired.it

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

Articoli recenti

Mesotelioma, 9 casi su 10 sono dovuti all’amianto

Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…

3 giorni fa

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

5 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

1 settimana fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

1 settimana fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

1 settimana fa

Leptospirosi: perché crescono i casi a New York?

Mai così tanti casi di leptospirosi in un anno dal 2001: a contribuire all’aumento delle…

2 settimane fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più