Categorie: Società

Mezzogiorno Valley

Non diventerà certo la Silicon Valley italiana, ma nel Meridione qualcosa sta cambiando. Cresce la ricerca sulla Information Technology, e le imprese It dal 2002 al 2005 sono aumentate dell’11,6 per cento, un dato superiore alla media italiana del 4 per cento. Il 40 per cento delle aziende del sud, inoltre, investe in ricerca e sviluppo, il 40 per cento ha fatto innovazioni di prodotto nell’ultimo anno, il 25 innovazioni di processo, e il 54 per cento innovazioni di organizzazione e management. Sono i dati della ricerca “Il Sistema dell’Innovazione nelle Regioni Meridionali: Ict e Società dell’Informazione” condotta da Idc Italia su 200 imprese del Mezzogiorno specializzate in Information Technology e con più di sei addetti. Lo studio è stato presentato il 28 marzo scorso in occasione del Forum su “Innovazione Tecnologica, occupazione e nuova competitività del paese Italia” organizzato a Roma da Idc, Italia Lavoro e Innovazione Italia.Secondo l’analisi effettuata, i problemi che le regioni del sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia) devono affrontare sono simili a quelli del centro-nord per quanto riguarda la gestione e il rilancio dell’innovazione, anche se aggravati da una più debole dotazione di infrastrutture e da un sistema delle imprese più frammentato e debole. Vale a dire, il gap tra le due parti d’Italia si è ridotto, anzi il Meridione presenta un notevole potenziale di sviluppo a seconda delle diverse aree territoriali. “Visto il deficit dell’Italia nell’innovazione digitale, evidenziato dal basso livello della spesa in It sul Pil rispetto ad altri paesi europei, è necessaria un’accelerazione dell’innovazione digitale”, spiega Gabriella Cattaneo, Director, Expertise Center Competitiveness & Innovation Policies & Strategies di Idc Italia. “Al Sud in particolare si deve sfruttare il capitale umano esistente (laureati scientifici e tecnici), la rete di università che fanno ricerca e i punti di forza del sistema economico locale”.Se in alcune zone, infatti, il modello di sviluppo basato sui distretti tecnologici, che prevede la collaborazione tra imprese, centri di ricerca e università, può funzionare bene, in altre non ingrana. “Per esempio la Campania in questo senso è andata bene grazie un sistema di governance dell’innovazione relativamente evoluto, un buon livello di infrastrutture tecnologiche e di capitale umano e un sistema delle imprese in grado di maturare”, continua Cattaneo. “Invece la Calabria riflette i problemi strutturali dell’economia e la debolezza dell’azione di regione ed enti locali, nonostante segnali di vitalità nel sistema delle università e nella crescita delle imprese It. Meglio quindi prima rafforzare i fattori strutturali esistenti, così come in Molise”. Come a dire, l’innovazione c’è dove il terreno è già fertile. Gli altri dati parlano di un indice di specializzazione It (cioè la percentuale di imprese It sul totale delle imprese attive) molto basso al Sud, metà di quello medio italiano, ma superiore alla media in tre regioni, cioè Sardegna, Campania e Abruzzo. Particolarmente vivace sempre in queste aree anche la crescita del numero delle imprese It, che già in generale per il Meridione nel periodo 2002-2005 è stata nettamente superiore alla media italiana (11,6 per cento contro 4,4). Forze trainanti degli investimenti in ricerca sono risultate le università, che coprono il 56 per cento della spesa (contro il 34 nel resto del paese), mentre la spesa privata rappresenta solo il 10 per cento del totale. Infine, nel periodo 1998-2004 il Pil pro-capite del Mezzogiorno per il settore privato è cresciuto dell’1,9 per cento contro l’1,5 del centro-nord e la produttività è aumentata dello 0,7 contro lo 0,3 del centro-nord.”Si può dire quindi che il Sud ha lievemente ridotto il gap con il resto d’Italia. Ma è necessario che in generale le imprese facciano più innovazione di prodotto”, conclude Cattaneo. “Serve perciò una scelta forte a favore dell’innovazione e dell’Ict a livello di governance. Si pensi che solo il 5 per cento degli alberghi italiani è online, quando invece il digitale serve per creare competitività. Per migliorare la performance e le conoscenza delle imprese sarà cruciale il ruolo dei sistemi regionali dell’innovazione, la capacità di realizzare sul territorio nuove relazioni fra le imprese, il sistema della ricerca e gli enti pubblici”.

Roberta Pizzolante

Giornalista pubblicista dal 2005, è laureata in Sociologia e ha un master in "Le scienze della vita nel giornalismo e nei rapporti politico-istituzionali" conseguito alla Sapienza. Fa parte della redazione di Galileo dal 2001, dove si occupa di ambiente, energia, diritti umani e questioni di rilevanza etica e sociale. Per Sapere, bimestrale di scienza, si occupa dell'editing e della ricerca iconografica. Nel corso negli anni ha svolto vari corsi di formazione e stage nell'ambito della comunicazione (Internazionale, Associated Press, ufficio stampa della Sapienza di Roma, Wwf Italia). Ha scritto per diverse testate tra cui L'espresso, Le Scienze, Mente&Cervello, Repubblica.it, La Macchina del Tempo, Ricerca e Futuro (Cnr), Campus Web, Liberazione, Il Mattino di Padova. Dal 2007 al 2009 ha curato l'agenda degli appuntamenti per il settimanale Vita non Profit.

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