Categorie: Società

Molestie sessuali: a rischio le ricercatrici sul campo

La ricerca sul campo è un momento fondamentale nel lavoro di uno scienziato. Un’occasione per fare nuove scoperte, testare le proprie ipotesi e mettere in pratica le conoscenze acquisite in anni di studio. Troppo spesso, però, l’esperienza può trasformarsi in un autentico incubo. Una recente indagine pubblicata sulla rivista Plos One dimostra infatti che comportamenti scorretti, molestie sessuali  e vere proprie aggressioni sono pericoli fin troppo comuni nel corso di attività di ricerca sul campo. A correre i rischi maggiori, stando ai risultati, sarebbero i giovani ricercatori, e in particolare (come sempre purtroppo) le donne.

Le autrici dello studio sono un gruppo di ricercatrici americane guidate dall’antropologa Kathryn Clancy, dell’Università dell’Illinois, che nel 2013 si erano già occupate del problema, in una ricerca limitata però al campo dell’antropologia fisica. I risultati, presentati nel 2013 durante il meeting annuale della American Association of Physical Anthropologists, dimostravano che il 59% del campione era stato vittima di commenti inappropriati nel corso di ricerche sul campo, e il 18% di molestie sessuali aggressioni. I dati ovviamente hanno fatto scalpore, portando l’Associazione Americana di Antropologia a stabilire una rigida politica di tolleranza zero nei confronti degli abusi a sfondo sessuale.

Convinta che il problema non fosse però limitato al suo campo di studio, Clancy ha decido di allargare l’indagine, includendo questa volta oltre 600 ricercatori, 142 uomini e 516 donne, provenienti da discipline diverse come l’archeologia, la geologia, l’agronomia e la zoologia, intervistati attraverso un questionario online. I risultati del nuovo studio sono risultati in linea con quelli precedenti: il 64% dei partecipanti ha dichiarato di essere stato vittima di molestie sessuali, e ben il 22% di aver subito abusi o aggressioni in tal senso. I più colpiti sono risultati i giovani ricercatori (dottorandi o borsisti) e le donne, vittime di molestie sessuali 3,5 volte più spesso dei colleghi maschi.

Dati che fanno riflettere, anche se gli stessi autori ammettono che per il metodo scelto (questionari anonimi a cui si poteva scegliere di rispondere su base volontaria), i risultati potrebbero sovrastimare (ma anche sottostimare) la reale l’entità del fenomeno.

Secondo le autrici dello studio, una risposta importante per ridurre la frequenza delle molestie durante le ricerche sul campo dovrebbe arrivare dalle università e dagli enti di ricerca, che dovrebbero stipulare codici di condotta ufficiali, strategie chiare per denunciare le molestie sessuali, e addestrare i ricercatori a rispondere a situazioni simili. Attualmente, spiegano le autrici, si fa infatti troppo poco per difendere i ricercatori. “Abbiamo i comitati etici per difendere i soggetti che partecipano alle nostre ricerche, e protocolli scrupolosi per proteggere gli animali“, spiega Clancy, “ma oggi non c’è nessun obbligo di difendere i nostri ricercatori quando lavorano sul campo”.

Via Wired.it

Credits immagine: International Maize and Wheat Improvement Center/Flickr

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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