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Msf denuncia aiuti alimentari di scarsa qualità

Sono 195 milioni i bambini malnutriti nel mondo. Il 90 per cento vive nell’Africa Subsahariana e nel sud dell’Asia e per molti di loro la malnutrizione è una condanna a morte: provoca infatti un terzo degli otto milioni di morti l’anno tra i bambini al di sotto dei 5 anni. E a questa emergenza i donatori internazionali fanno fronte con strategie inadeguate, fornendo alimenti a base di farina e privi delle proteine animali fondamentali per la crescita di un bambino. Lo denuncia Medici senza Frontiere alla vigilia della Giornata mondiale dell’Alimentazione, celebrata domani 16 ottobre. In occasione dell’incontro “Fame di denuncia: perché il cibo non basta”, organizzato con la Commissione straordinaria per i diritti umani del Senato e la Comunità di Sant’Egidio,  Msf ha presentato una lettera aperta al governo italiano e agli altri donatori per chiedere una riforma degli aiuti alimentari.

La malnutrizione non è causata solo dalla carenza di cibo”, ha spiegato Gianfranco de Maio, responsabile medico di Msf. “I primi due anni di vita sono un arco di tempo critico, durante il quale ai bambini serve una dieta a base di proteine di alta qualità, grassi essenziali, carboidrati, vitamine e minerali, per scongiurare l’insorgere di problemi nello sviluppo psico-fisico o il rischio di morte per malattie comuni”. A riprova di questo, i paesi che hanno ridotto con successo la malnutrizione infantile precoce, come Messico, Thailandia, Usa e molti paesi dell‘Unione Europea, ci sono riusciti attraverso programmi che assicurano a neonati e bambini, anche i più poveri, l’accesso a cibo di qualità come latte e uova.

Attualmente, però, i programmi sostenuti dai principali donatori, tra cui Stati Uniti, Canada, Giappone e Unione Europea, non includono tutti questi componenti essenziali, ma si basano quasi esclusivamente su miscele di farine fortificate di cereali (Flours and fortified blended foods, Fbf), come quelle a base di grano e soia. “E’ come se si facesse mangiare a un bambino tutti i giorni pane e acqua”, commenta De Maio. E questo i finanziatori internazionali lo sanno bene, visto che questi prodotti non vengono utilizzati nei programmi nutrizionali dei Paesi donatori. Esiste quindi un “doppio standard”, denuncia Msf, in base al quale certe nazioni continuano a fornire ai paesi in via di sviluppo alimenti di bassa qualità nutrizionale che non darebbero mai ai loro bambini.

Già nell’ottobre 2008, una commissione di esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) aveva dichiarato i cereali inadeguati per il trattamento della malnutrizione: possono inibire l’assorbimento di proteine fondamentali e altri nutrienti essenziali. Lo scorso marzo, inoltre, i direttori dei programmi nutrizionali di Oms, Unicef e World Food Program (Pam), avevano chiesto all’Ue di modificare l’attuale formazione delle farine arricchite, senza ottenere però grandi risultati. Proprio per questo motivo Msf ha lanciato la campagna “Starved for attention” (sul sito è possibile firmare la petizione lanciata da Msf) e ha inviato una lettera ai governi coinvolti per chiedere una riforma degli aiuti alimentari.

Una delle richieste dell’associazione umanitaria è allargare la distribuzione dei nuovi alimenti terapeutici pronti all’uso (Rutf, Ready-to-use therapeutic food), che contengono tutti gli elementi nutrizionali indispensabili a un bambino per crescere sano. Questi alimenti si presentano come una crema densa pronta all’uso, che non necessita di nessuna preparazione e che permette alle mamme di curare i propri figli direttamente a casa. “Nel Sud del Sudan abbiamo distribuito questi prodotti ai bambini fino a 3 anni d’età con buoni risultati”, racconta De Maio. “Il loro vantaggio è che non devono essere cotti, quindi non c’è bisogno di acqua potabile, e non vanno conservati in frigorifero”. Il problema qui è  tutto economico, spiega il responsabile di Msf: questi alimenti costano 3 euro al kg, quindi per produrre le 258 mila tonnellate utili ad affrontare la malnutrizione severa acuta servirebbero 750 milioni di euro, senza contare quelli necessari per la prevenzione della malnutrizione. “Questi cibi devono essere considerati al pari dei farmaci. Non basta che i produttori diano qualche licenza gratis, serve la concorrenza oppure la rinuncia al brevetto”, conclude De Maio.

Roberta Pizzolante

Giornalista pubblicista dal 2005, è laureata in Sociologia e ha un master in "Le scienze della vita nel giornalismo e nei rapporti politico-istituzionali" conseguito alla Sapienza. Fa parte della redazione di Galileo dal 2001, dove si occupa di ambiente, energia, diritti umani e questioni di rilevanza etica e sociale. Per Sapere, bimestrale di scienza, si occupa dell'editing e della ricerca iconografica. Nel corso negli anni ha svolto vari corsi di formazione e stage nell'ambito della comunicazione (Internazionale, Associated Press, ufficio stampa della Sapienza di Roma, Wwf Italia). Ha scritto per diverse testate tra cui L'espresso, Le Scienze, Mente&Cervello, Repubblica.it, La Macchina del Tempo, Ricerca e Futuro (Cnr), Campus Web, Liberazione, Il Mattino di Padova. Dal 2007 al 2009 ha curato l'agenda degli appuntamenti per il settimanale Vita non Profit.

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