Il Mit europeo, così com’è stato pensato, non va per niente bene. L’ennesima bocciatura alla proposta di un’istituzione scientifico-tecnologica europea di punta, sul modello del centro di Boston, avanzata dalla Commissione Europea nel 2005, viene da uno studio dei ricercatori dell’Università delle Nazioni Unite (Unu) incaricati dal Parlamento europeo.
In principio l’Istituto europeo di tecnologia (Eit), questo il nome del centro, era stato pensato con sede in un’unica città europea, poi a causa delle proteste dei membri dell’Unione è stata avanzata l’ipotesi di una direzione centrale con potere di coordinare altre sei o sette sedi sparpagliate per tutta Europa. Ma, secondo gli esperti che hanno redatto il rapporto, questo modello non è realizzabile e rappresenta l’esatto contrario del Mit americano, che deve la sua forza anche alla sua collocazione in una sede unica. Questo modello, così com’è, non accrescerebbe le attività della ricerca, non garantirebbe la formazione né il trasferimento delle tecnologie in maniera appropriata, obiettivo per il quale l’Eit è stato pensato. Se a ciò si aggiunge il problema dei finanziamenti, che rischia di mettere in contrasto il nascente istituto con l’European Research Council, meglio allora battere un’altra strada, dicono i ricercatori.
La proposta è quella di creare molti istituti decentrati e specializzati in specifici settori di ricerca e tecnologia, per rispondere meglio alla natura distribuita della ricerca europea, con sede o comunque collegati con le università nei singoli paesi. Così facendo, si darebbe vita a una maggiore concorrenza. Per quanto riguarda l’aspetto finanziario, invece, il rapporto dell’Onu prevede che un terzo dei fondi siano stanziati ogni anno dall’Unione Europea, un’altra parte da finanziamenti regionali o nazionali e la restante da soggetti pubblici e privati. Ora la decisione finale spetta alla Commissione: l’argomento sarà discusso in un’audizione pubblica all’Europarlamento il prossimo 8 maggio. (r.p.)