Ricerca d'Italia

Una nuova strategia terapeutica per la malattia di Crohn

(Humanitas) – Guarigione delle ulcere intestinali, assenza di sintomi e riduzione del numero dei ricoveri ospedalieri legati alla malattia di Crohn, grazie al monitoraggio e all’intensificazione terapeutica basata sui biomarcatori di infiammazione. È questo il risultato di uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Lancet. I ricercatori dei 74 centri di tutto il mondo coinvolti (Europa, Stati Uniti, Giappone, Sud Africa e Israele), hanno dimostrato che la tempestiva intensificazione di terapia con farmaci biologici anti-TNF (inibitori dei fattori di necrosi tumorale, una citochina che regola le cellule del sistema immunitario), sulla base di sintomi clinici associati a biomarcatori nei pazienti affetti da malattia di Crohn di recente diagnosi, comporta migliori risultati clinici ed endoscopici rispetto al trattamento basato solo sui sintomi.

“Questo lavoro – spiega Silvio Danese, fra gli autori dello studio, responsabile del Centro Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali di Humanitas, coordinatore di Humanitas Immuno Center e docente di Humanitas University – rivoluziona la strategia di trattamento della malattia di Crohn poiché dimostra che i sintomi da soli non sono un parametro sufficiente su cui modificare la terapia di mantenimento della remissione a lungo termine dei pazienti, mentre il monitoraggio stretto e l’intensificazione terapeutica basata sui biomarcatori di infiammazione può portare ad una migliore remissione endoscopica (guarigione delle ulcere intestinali), controllo clinico (assenza di sintomi) e a ridurre il numero dei ricoveri ospedalieri legati alla malattia”.

Lo studio multicentrico di fase III in aperto, randomizzato e controllato, è stato condotto in 22 Paesi e ha coinvolto pazienti adulti (18-75 anni) con malattia di Crohn precoce e mai esposti a nessuna terapia immunosoppressiva o biologica.

“I biomarcatori di infiammazione intestinale, come la calprotectina fecale e la proteina C reattiva, sono usati nel monitoraggio dei pazienti con malattia di Crohn, ma non vi è ancora certezza sul fatto che il loro utilizzo nel monitorizzare l’attività di malattia e modificare la terapia in base a questi migliori i risultati nel lungo termine nei pazienti. Abbiamo cercato di confrontare i risultati endoscopici e clinici nei pazienti con malattia da Crohn moderata o grave che sono stati gestiti con un algoritmo di monitoraggio stretto, utilizzando i sintomi clinici e i biomarcatori, rispetto a quelli dei pazienti gestiti con un algoritmo di gestione clinica (solo sintomi clinici)”, ha spiegatoDanese.

Riferimenti: Effect of tight control management on Crohn’s disease (CALM): a multicentre, randomised, controlled phase 3 trial; Jean-Frederic Colombel, Remo Panaccione, Peter Bossuyt, Milan Lukas, Filip Baert, Tomas Vaňásek, Ahmet Danalioglu, Gottfried Novacek, Alessandro Armuzzi, Xavier Hébuterne, Simon Travis, Silvio Danese, et al.; The Lancet

Redazione Galileo

Gli interventi a cura della Redazione di Galileo.

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