Nuovo sito cercasi

Il Consiglio dei ministri ha approvato oggi l’emendamento al decreto sulle scorie nucleari, togliendo il nome di Scanzano Jonico dal provvedimento. Il nuovo testo prevede che entro 18 mesi venga identificato un nuovo sito unico nazionale. A parte la vivace e ferma opposizione della popolazione locale, la soluzione del deposito unico e sotterraneo in Basilicata non convinceva neanche la maggioranza degli esperti, che la reputavano irrealistica rispetto ai tempi di realizzatione previsti e sovradimensionata rispetto al problema che deve risolvere. “Dire che si possa realizzare un deposito geologico in sei-sette anni è un nonsenso”, dice Piero Risoluti, l’ingegnere che ha diretto fino al 2001 la task force dell’Enea per il sito nazionale. “Il deposito americano denominato Wipp (Waste Isolation Pilot Plant) a cui si rifaceva quello di Scanzano”, spiega l’esperto, “ha richiesto 25 anni, tra studi, processo autorizzativo, costruzione e autorizzazione all’esercizio”. In effetti, un deposito geologico scelto con criterio può risolvere il problema anche per milioni di anni. Questo però significa lunghi tempi di osservazione per verificare l’idoneità del sito. Un iter che per il sito lucano era appena agli inizi. “In effetti”, dice Sergio D’Offizi, geologo della Sogin, la società addetta alla costruzione e alla gestione del deposito, “la scelta di Scanzano Jonico era stata effettuata alla luce della sua particolare conformazione geologica: tra i 700 e i 900 metri di profondità c’è uno strato di salgemma circondato da due strati di argilla”, caratteristica ideale per isolare le scorie dall’acqua, che può sciogliere e disperdere nell’ambiente gli elementi radioattivi. Il sale e, in misura minore, la creta, modificando le proprietà chimiche dell’acqua ne riducono il potere solvente. Inoltre, in seguito alle sollecitazioni meccaniche, la salgemma non si frattura e, dunque non permette alle acque di falda di arrivare sino alle scorie. Proprio dal rischio che i rifiuti entrassero in contatto con la falda acquifera sono nate le perplessità di Maurizio Polemio, geologo del Cnr di Bari: “Secondo gli studi del Cnr”, dice lo studioso, “Scanzano Jonico è a rischio idrogeologico, in quanto zona alluvionale. Inoltre, non ci sono garanzie che nelle prossime migliaia di anni il livello del mare non salga a coprire il deposito”. Secondo l’esperto della Sogin, però solo la zona dell’alveo del fiume Cavone sarebbe soggetta a fenomeni alluvionali, non quella vicino al luogo dove sorgerà il sito. Ma che il rischio di allagamento non fosse così peregrino è confermato dal fatto che la stessa Sogin stava studiando la possibilità di costruire l’ingresso del deposito sotterraneo in un punto più alto. “Per quanto riguarda il sollevamento del livello del mare”, riprende D’Offizi, “il nostro progetto prevedeva che in un primo tempo nel deposito geologico si immagazinassero scorie di bassa e media attività, la cui durata non è quella dei tempi geologici. Solo dopo accurati studi avremmo porceduto al deposito di rifiuti ad alta attività, e poichè il livello del mare non sale velocemente, ci sarebbe stato tutto il tempo per procedere alla messa in sicurezza del deposito o delle scorie, oltretutto c’è già un deposito sottomarino in Svezia”.Ma anche la scelta di conservare in un unico sito tutti i rifiuti nucleari prodotti in Italia solleva perplessità. I rifiuti si dividono in tre categorie: di bassa e media e alta intensità. I primi due provengono principalmente dagli ospedali e dalla ricerca e hanno un tempo di decadenza da pochi mesi a centinaia di anni. Quelli ad alta intensità provengono dalle centrali nucleari e hanno una vita radioattiva di centinaia di migliaia di anni. “I piccoli quantitativi italiani di rifiuti nucleari ad alta attività non giustificano un deposito geologico”, dice spiega Risoluti. “Poichè abbiamo volumi importanti di rifiuti a bassa attività (50-60.000 metri cubi), che possono essere smaltiti in depositi superficiali”, conclude l’ingegnere, “sarebbe più logico predisporre un deposito di questo tipo, che costa dieci volte di meno, ed è anche più accettato dalle popolazioni”. Da oggi il governo ha rimesso tutto in discussione. Nella speranza che i 18 mesi che ci separano dalla prossima individuazione di uno o più siti vengano utilizzati per vagliare le diverse soluzioni coinvolgendo sia la comunità scientifica che i cittadini.

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