La visione binoculare, quella che permette la percezione della profondità, non sarebbe innata ma frutto dell’apprendimento. La scoperta, che smentisce le correnti teorie neurologiche, è il risultato di uno studio condotto da Michael King e Wu Zou, due neurologi dell’University of Mississipi Medical Center, sui macachi, scimmie il cui sistema visivo è virtualmente simile al nostro. Osservando le reazioni di questi animali a vari stimoli visivi, gli studiosi americani hanno notato che dal cervello partono distinti segnali verso ognuno dei due bulbi oculari. Questi, quindi, potrebbero muoversi indipendentemente l’uno dall’altro, proprio come quelli dei camaleonti. Cosa che avviene, secondo studi condotti in precedenza dai due neurologi, durante il sonno Rem (rapid eye movement). “Quando si muovono gli occhi in questa fase del sonno – afferma King – non si seguono le immagini del sogno o, se lo si fa, ognuno dei due emisferi cerebrali vede il suo sogno attraverso il suo occhio”. King ritiene che il controllo oculare si sia evoluto in un epoca molto remota da un “modello camaleontico”. “E’ probabile – conclude lo studioso – che alla nascita siano attive delle connessioni neurali che tendono in qualche modo a sincronizzare i movimenti dei due occhi. Ma queste devono essere perfezionate con lo sviluppo del cervello per permettere una vera coordinazione binoculare”. Un mancato apprendimento nell’infanzia della capacità di sincronizzare il movimento degli occhi potrebbe essere quindi la causa dello strabismo.
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