Oggi è la Giornata Mondiale dell’Emofilia

“Le nuove frontiere dello sport in emofilia”. È questo il titolo dell’iniziativa promossa dalle Associazioni Emofilici Italiani (FedEmo) in occasione dell’XI Giornata Mondiale dell’Emofilia, che si terrà a Roma oggi lunedì 13 aprile. Quest’anno l’attenzione è rivolta al rapporto tra sport e persone affette da emofilia. L’evento che si terrà a Roma presso lo Stadio Olimpico, nella Sala Conferenze del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, prevede anche gli interventi del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, e del presidente del C.O.N.I. Giovanni Malagò.

Secondo il report 2012 della World Federation of Haemophilia (Wfh), il numero totale di persone con disordini della coagulazione nel mondo è pari a circa 274.000 di cui la metà affetta da emofilia A. In Italia i pazienti affetti da coagulopatie congenite sono circa 8.000. Dal 2005 la FedEmo ha partecipato all’attivazione del Registro Nazionale delle Coagulopatie Congenite (Rncc) raccomandato dalla Wfh e attivato grazie alla collaborazione tra l’Associazione Italiana Centri Emofilia (Aice) e il Reparto di Metodologie Trasfusionali dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss).

La malattia colpisce soprattutto la popolazione maschile e si caratterizza per una grave insufficienza nella coagulazione del sangue. Trattandosi di una malattia genetica viene trasmessa per via ereditaria. Esistono vari tipi di emofilia, tanto che si potrebbe parlare di emofilie o più appropriatamente di disordini della coagulazione. La parziale, o totale, assenza del fattore VIII implica l’insorgenza dell’emofilia di tipo A e rappresenta la forma più frequente (80%); la mancanza del fattore IX porta l’emofilia B o malattia di Christmas, che prende il nome dalla prima persona a cui fu riscontrata la malattia. La forma meno frequente è l’emofilia C o di Rosenthal, causata dalla mancanza totale o parziale di fattore XI o Pta (Plasma Tromboplastin-Antecedent).

L’emofilia è chiamata anche il “male dei Re” perché fu piuttosto diffusa tra le case regnanti europee. L’inizio di questo “mito” viene fatto risalire al 7 aprile 1853. La sovrana più longeva di Gran Bretagna, la regina Vittoria, era incinta per l’ottava volta: il neonato che venne al mondo, Leopoldo, risultò affetto da emofilia, di cui la sovrana era portatrice sana. Leopoldo, duca di Albany, morì a 31 anni mentre si trovava in vacanza a Cannes, a seguito di complicanze dovute alla patologia da cui era affetto.

Oggi le cose sono cambiate e l’emofilia è diventata una malattia curabile, e chi ne è affetto riesce a condurre una vita relativamente normale pur avendo bisogno della costante somministrazione del fattore mancante. La malattia, dunque, non è stata ancora sconfitta, ma i farmaci e le biotecnologie hanno migliorato la qualità di vita dei pazienti in modo sensibile. La ricerca italiana, in particolare, si è distinta negli ultimi decenni per l’impegno profuso contro questa patologia. In Italia, inoltre, dal 1976 è stata resa possibile l’autoinfusione domiciliare. I pazienti hanno la possibilità, dopo aver seguito un idoneo corso di formazione presso i Centri Emofilia, di praticare l’autoinfusione dei costosissimi farmaci risultando così possibile un tempestivo trattamento dei casi emorragici e consentendo di eseguire a domicilio la profilassi. Il paziente, grazie a questi corsi, acquisisce una maggiore conoscenza della propria malattia, della sintomatologia e della terapia che porta a una maggior collaborazione con il personale medico. La ricerca italiana sull’emofilia è tra le migliori al mondo: la produzione scientifica di quattro scienziati italiani lo testimonia e li attesta tra i maggiori esperti mondiali. Sono in corso, proprio in Italia, sperimentazioni che paiono promettere sviluppi interessanti.

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