Olimpiadi 2012: dentro il cervello di un campione

Cosa distingue un grande campione da uno sportivo mediocre? Cosa hanno in più i Phelps, i Bolt e le Di Francisca che permette loro di trionfare alle Olimpiadi? Secondo i ricercatori dell’OptiBrain Centere del Naval Healt Research Center, a fare la differenza è una piccola area della nostra corteccia cerebrale: il lobo dell’insula. Questa struttura, infatti, sarebbe coinvolta nell’anticipazione delle sensazioni future e aiuterebbe gli atleti a rispondere più prontamente alle esigenze di gara. In particolare, un lobo dell’insula estremamente sviluppato è capace di generare previsioni incredibilmente accurate della situazione in cui si troverà il corpo nell’istante successivo. Grazie a questa conoscenza anticipata, le altre aree del cervello sarebbero in grado di prepararsi in anticipo ad attivare i muscoli più efficacemente, permettendo così a un olimpionico di nuotare più velocemente, correre più a lungo o saltare più in alto di di chiunque altro. 

Come funziona 
Per generare questa rappresentazione dello stato corporeo, una capacità definita interocezione, l’insula mantiene una mappa di tutti gli organi del corpo. Alcuni neuroni dell’insula rispondono per esempio al brontolio dello stomaco, mentre altri scaricano in risposta ad un dolore dei denti. Per tenere sotto controllo questo bombardamento di informazioni, l’insula lavora a stretto contatto con la corteccia cingolata anteriore, un’area fondamentale per i processi decisionali. Probabilmente è proprio la grezza rappresentazione dei segnali corporei che emerge da questa interazione a fondare la capacità di anticipare i cambiamenti nel proprio stato interno. 

Uno studio del 2004 ha mostrato che esistono differenze anatomiche collegate alle variazioni nelle abilità di interocezione. Hugo Critchley, ora all’ Università del Sussex in Inghilterra, ha chiesto ad alcuni volontari di fare una stima della velocità del loro battito cardiaco senza controllarsi le pulsazioni manualmente. I risultati hanno mostrato che i soggetti che hanno dato le stime più accurate avevano una maggiore attività dell’insula e anche una maggiore quantità di neuroni in questa regione. 

I ricercatori della OptiBrain sono convinti che i migliori atleti siano profondamente consapevoli del proprio stato corporeo e in grado di discernere tra le sensazioni importanti e quelle inutili.  “La maggioranza dei giocatori della NBA sono atleti incredibili, ma alcuni in particolare spiccano sugli altri. Non è che Kobe Bryant o Derrik Rose abbiano più energie, è come utilizzano quelle energie nei momenti cruciali a determinare il loro successo”, spiega Alan Simmons del Veteran Affairs San Diego HealtCare System

Prevedere 
Per verificare l’ipotesi che gli individui estremamente atletici abbiano capacità interocettive superiori, Simmons e Martin Paulus, psichiatra dell’OptiBrain Centre, hanno sottoposto ad alcuni test cognitivi dieci dei più famosi atleti di raid (uno sport in cui gli atleti affrontano sfide estreme scalando, nuotando, correndo e andando in canoa) mentre erano all’interno di una macchina per la risonanza magnetica. Dentro alla macchina, respirando solo attraverso un tubo in bocca, gli sportivi dovevano osservare delle frecce colorate che si accendevano al bordo di uno schermo e segnalarne la posizione schiacciando alternativamente due bottoni. Di tanto in tanto i ricercatori diminuivano il flusso d’aria disponibile, rendendo così la respirazione più difficile. Undici volontari sani, non atleti, sono stati sottoposti allo stesso test come gruppo di controllo. 

I risultati dell’esperimento hanno mostrato che mentre i non atleti rispondevano allo stesso modo sia che avessero difficoltà a respirare, sia no, gli atleti rispondevano più correttamente appena prima, o durante, i periodi di respirazione difficile. Inoltre, quando anticipavano la mancanza d’aria mostravano una maggiore attività cerebrale come se, prevedendo il momento di difficoltà, il cervello lavorasse per prepararsi al meglio,ottenendo in questo modo una migliore performance

Un altro recente studio del gruppo di Paulus aggiunge un altro pezzo alla storia. Il gruppo stava cercando di investigare la flessibilità cognitiva degli atleti. Questa capacità riguarda fondamentalmente il saper passare velocemente da un compito ad un altro, ed è noto che può diminuire drasticamente in situazioni di stress. 

Per studiare la flessibilità cognitiva in azione, Simmons ha chiesto a dieci soldati delle forze speciali della marina statunitense e a 11 volontari civili di osservare su uno schermo una forma geometrica verde o rossa, seguita da una fotografia di forte impatto emotivo. I partecipanti dovevano indicare, mentre sottoposti a uno scanner cerebrale, quale forma stavano vedendo utilizzando dei tasti. Una forma di colore verde indicava che sarebbe seguita un’immagine positiva (ad esempio un bambino), una rossa una scena negativa (come una scena di guerra). I partecipanti erano valutati sulla velocità e l’accuratezza con cui riconoscevano le forme. I risultati hanno mostrato che, rispetto ai soggetti di controllo, i soldati mandavano più sangue verso la regione del lobo dell’insula quando i colori delle forme cambiavano. In pratica erano maggiormente consci di un imminente cambiamento nel significato emotivo delle immagini, e attivavano sistemi del cervello coinvolti nella modulazione delle risposte emozionali e interocettive. 

Insieme, gli studi dimostrano che uomini e donne con grandi abilità fisiche mostrano una attivazione maggiore del lobo dell’insula quando devono anticipare un cambiamento del loro stato interno, che sia di tipo emozionale o fisico. 

Simmons ritiene anche che i risultati dimostrino che il lobo dell’insula non vive nel presente, ma nel futuro. “Rispondiamo ad informazioni provenienti dalla fisiologia interna, dalla cognizione, e dall’ambiente esterno”, spiega Simmons, “quando abbiamo finito di integrare tutte queste informazioni, sono già parte del passato”. 

Allenare l’interocezione 
Saranno in molti a questo punto ad apprendere con gioia che forse l’interocezione può essere migliorata. Non con anni di allenamento come nel caso di un atleta olimpico, né (per fortuna) passando anni sui campi di battaglia come un marine, ma utilizzando invece una semplice tecnica di meditazione chiamata mindfulness (consapevolezza). Questa pratica deriva dagli insegnamenti del buddismo, e consiste nell’aumentare la consapevolezza delle proprie sensazioni, dei propri pensieri e delle proprie emozioni, imparando al contempo a moderare le reazioni nei loro confronti. Secondo i dati raccolti dai ricercatori dell’OptiBrain, al momento ancora preliminari, le persone allenate con questa tecnica di meditazione migliorano le loro performance cognitive in condizioni di stress e mostrano anche un conseguente aumento dell’attivazione dell’ insula

Credit immagine a AN HONORABLE GERMAN/Flickr

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