Olimpiadi, perché il bronzo è meglio dell’argento

Forse non sarà vero in tutte le occasioni, ma sarà capitato anche a voi, magari proprio guardando le olimpiadi invernali in corso a Sochi, di notare che le espressioni dei vincitori sul podio non sempre rispecchiano la gioia per i traguardi raggiunti. Ovvero, lasciando da parte i numeri uno, a volte sembra che chi arriviterzo e si aggiudica la medaglia di bronzo sia più felice di chi al collo invece mette la medaglia di argento. Perché succede?

La psicologia da tempo prova a dare delle risposte a questo che sembra un comportamento a tratti contro-intuitivo. Infatti si potrebbe pensare che la felicità dei tre vincitori sul podio rispecchi le loro posizioni, con l’oro più contento dell’argento, e questo a sua volta più appagato del bronzo. Ma come detto non sempre è così, come racconta anche Scientific American, ripescando dalla letteratura due studi che hanno indagato scientificamente il fenomeno.

Nel primo, risalente agli anni Novanta, alcuni ricercatori avevano chiesto a dei ragazzi di valutare le espressioni dei vincitori ai giochi olimpici del 1992 di Barcellona subito dopo la fine della competizione e durante la cerimonia di premiazione, esprimendo su una scala da uno a dieci quanto sembrassero felici gli atleti. In entrambi i casi agli studenti apparivano come più contenti del risultato raggiunto le medaglie di bronzo rispetto a quelled’argento.

A conclusioni analoghe è arrivato anche uno studio del 2006 che ha analizzato le espressioni facciali di atleti di judo alle olimpiadi di Atene 2004, ma non solo. Infatti, pur confermando che in genere le medaglie di bronzo erano più felici di quelle d’argento, lo studio ha mostrato che spesso le espressioni facciali dei secondi, alla fine degli incontri, non esprimono proprio felicità per il risultato ottenuto, ma spesso veicolavano sentimenti di tristezza e disprezzo. E anche sul podio i loro sorrisi sembravano menogenuini rispetto ai vincitori assoluti e al terzo posto.

Come si spiega tutto questo? Per gli psicologi Victoria Medvec e Thomas Gilovich della Cornell University, e Scott Madey dell’Università di Toledo, autori di uno dei paper, le ragioni di questo comportamento vanno ricercate nel cosiddetto pensiero controfattuale, ovvero hanno a che fare non tanto con quel che è stato ma con quello che avrebbe potuto essere ed è stato solo immaginato.

Ciò significa, riferendoci al podio, che il secondo non concentrerà i suoi pensieri sul fatto di aver vinto una medaglia comunque (non è quella la differenza tra il primo e secondo posto), ma li focalizzerà sulla possibilità di arrivare primo rispetto a qualsiasi altro risultato. Al contrario, per un bronzo, il pensiero su quel che avrebbe potuto essere guarda al quarto posto, e la medaglia in questo caso fa la differenza. L’idea quindi è che i paragoni con quel che avrebbe potuto essere (per i secondi un confronto in avanti e per i terzi un confronto all’indietro) spieghino l’apparente maggior felicità delle medaglie di bronzo.

Via: Wired.it

Credits immagine:  Kelly Bracha/Flickr

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