Omeopatia, cosa dicono gli ultimi studi

Il 5% in meno in termini di fatturato. Il 7% in meno in termini di prodotti venduti. E 15 milioni di euro perduti rispetto al 2015. Con il rischio di lasciare circa 8 dei 13mila prodotti attualmente in commercio a causa delle procedure di registrazione richieste dall’Agenzia italiana del farmaco. Le cifre che ha recentemente diffuso Omeoimprese, associazione che rappresenta 18 aziende produttrici di prodotti omeopatici, sono tutt’altro che positive. Tanto che il 2016 è stato definito annus horribilis per il comparto – anche se Silvia Nencioni, Ceo di Boiron Italia, filiale nostrana di una delle più grandi multinazionali del settore, ha contestato i dati sostenendo che le perdite sarebbero molto minori di quanto paventato. In ogni caso, a parte analizzare gli zeri del fatturato e discettare di burocrazia e rimpalli tra gli enti regolatori, parlando di omeopatia è bene tornare a riflettere sul parere della comunità scientifica. Che, a onor del vero, non ha mai cambiato opinione: a guardare la maggior parte degli studi finora pubblicati – specialmente le revisioni e le meta-analisi, i lavori più attendibili per verificare le correlazioni e i rapporti di causa-effetto, il verdetto è sempre lo stesso.

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