Cosa sappiamo della variante Omicron 5

omicron 5
(Foto: Fusion Medical Animation on Unsplash)

I casi di Covid-19 riprendono a salire in Europa e l’Italia non è esclusa. Nell’ultima settimana nel nostro paese si sono registrati più casi rispetto alla settimana precedente. A contribuire a questo rialzo potrebbe essere l’ultima variante omicron, la BA.5, che balza dallo 0,4% al 13% delle sequenze virali analizzate. Ecco cosa c’è da sapere.

BA.5, da dove viene?

Omicron 5, così come viene più spesso indicata, è stata identificata per la prima volta a febbraio 2022 in Sudafrica, che ancora oggi rimane uno dei pochi paesi a tenere alta la sorveglianza e il sequenziamento di Sars-Cov-2. Ritenuta, insieme alla sorella BA.4, la causa della quinta ondata epidemica nel paese africano, BA.5 già a marzo veniva riscontrata in diverse altre nazioni nel mondo. 

Oggi il paese europeo con il maggior numero di infezioni da BA.5 (anzi, da BA.5.1) è il Portogallo, che riscontra la nuova variante nel 38% dei genomi virali sequenziati. Nonostante un’altissima percentuale di vaccinazione, da maggio il paese vede aumentare i letti occupati in terapia intensiva e la mortalità da Covid-19, anche se ben al di sotto dei livelli dello scorso inverno.

In Italia è più difficile capire la situazione. Il nostro paese ha rallentato moltissimo l’attività di sequenziamento del virus e le sequenze depositate nel Gisaid (uno dei principali database internazionali) nelle ultime due settimane sono troppo poche (219) perché possano fornire una fotografia fedele. Sulla base di questi dati, comunque, i bioinformatici del Ceinge Biotecnologie avanzate hanno calcolato che la diffusione di BA.5 in Italia sia attorno al 13% (con ampio margine di errore, tant’è che esistono stime ben diverse), in sensibile aumento rispetto alle settimane precedenti.


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È più contagiosa?

Dal 12 maggio l’European Centre for disease control (Ecdc) la ritiene una variante preoccupante (Voc, variant of concern). Anche se non è ancora possibile trarre conclusioni definitive, BA.5 sembra ancora più contagiosa delle altre omicron ed molto immunoevasiva, cioè in grado di eludere le difese immunitarie sviluppate sia con precedenti infezioni da coronavirus, anche recenti, sia con le vaccinazioni anti-Covid (sebbene, secondo gli esperti della Gavi Alliance, pare che gli anticorpi ottenuti con le vaccinazioni siano più efficaci di quelli generati con un’infezione naturale).

Nei paesi in cui i casi sono in netto aumento (come Stati Uniti, Regno Unito, Portogallo) BA.5 sta soppiantando BA.2, la sottovariante di omicron più diffusa in questo momento. BA.5 ha molto in comune con BA.2, ma rispetto a quest’ultima aggiunge 3 mutazioni sulla proteina spike (L452R, F486V e Q493) che le darebbero un vantaggio competitivo, aumentando la sua capacità di infettare le cellule umane ed evadere il sistema immunitario. Si differenzia dalla sorella BA.4, poi, per ulteriori mutazioni in altre regioni del genoma.

È più pericolosa?

Per quanto riguarda la sua pericolosità non ci sono dati nuovi. Affidandoci alle informazioni provenienti dal Sudafrica, che rimane per ora il paese in cui si sono registrati più casi della nuova variante, i sintomi e la severità dell’infezione sono simili a quelli relativi a BA.2. Nella maggior parte dei casi, dunque, si manifesta come un raffreddore, talvolta con febbre lieve e dolori osteoarticolari. Tuttavia, in una popolazione come quella italiana, in cui la componente di anziani e fragili è consistente, le conseguenze di una nuova ondata epidemica (qualora si verificasse, e al momento non si può definire tale) potrebbero essere comunque pesanti e riportare i sistemi sanitari in emergenza.

Sars-Cov-2, continua l’indagine sulle origini

Mentre in Europa si discute di una possibile nuova ondata pandemica e delle misure da adottare per contenere il rischio, l’Organizzazione mondiale della sanità torna sulla necessità di fare chiarezza sulle origini di Sars-Cov-2. Mancano ancora dati chiave, fanno sapere gli esperti delle Nazioni Unite nel loro ultimo rapporto, che aggiungono che ogni ipotesi ragionevole rimane aperta, dal salto di specie alla fuga accidentale del virus da un laboratorio. Tuttavia, il governo cinese sembra ancora poco incline alla collaborazione, rifiutando di condividere dati grezzi sui primi focolai e chiudendo le porte delle proprie strutture di ricerca agli ispettori internazionali. Per la Cina (ma anche per esponenti del mondo scientifico provenienti da Russia e Brasile, segno di quanto la politica influisca anche in questo campo) le origini del coronavirus dovrebbero essere cercate fuori dai suoi confini, in altri paesi.

Via: Wired.it

Credits immagine: Fusion Medical Animation on Unsplash