Salute

Omicron, il coronavirus sta diventando più simile al raffreddore?

La variante omicron di Sars-Cov-2 assomiglia un po’ di più a un coronavirus del raffreddore. Un team di ricercatori della società Nference Lab, con sede in Massachusetts (Stati Uniti), avanza l’ipotesi per cui omicron avrebbe “rubato” una breve sequenza del genoma di un altro virus, forse HCoV-229E, acquisendo così alcuni aminoacidi che lo renderebbero più “umano”. Le conseguenze potrebbero essere una maggiore capacità di trasmettersi e infettare, causando però sintomi più lievi. Attenzione, però: lo studio non è ancora stato sottoposto a revisione paritaria e non significa che Sars-Cov-2 diventerà automaticamente un raffreddore.

Nuove mutazioni

Gli autori dello studio (disponibile in preprint qui) hanno confrontato il genoma di omicron con quello delle altre varianti preoccupanti (variant of concern o voc) e di interesse (variant of interest, voi) di coronavirus, nonché con quello di altre migliaia di sequenze del patogeno archiviate nei database genetici. Hanno così appurato che ben 26 mutazioni sulla proteina spike di omicron non si trovano in nessun’altra versione di Sars-Cov-2 finora identificata. 

Una di queste alterazioni (una inserzione, cioè l’aggiunta di lettere al codice genetico) è chiamata ins214EPE ed ha attratto l’attenzione degli esperti perché è del tutto simile a una sequenza presente in altri virus umani, come quelli del raffreddore (ma non solo).

L’ipotesi di coinfezione

Per questo motivo i ricercatori ritengono che l’inserzione possa essere il risultato di un fenomeno di ricombinazione avvenuta all’interno di uno stesso organismo coinfettato da entrambi i virus, per esempio una persona con un sistema immunitario compromesso. Semplificando, Sars-Cov-2 potrebbe essersi ritrovato a infettare una cellula (delle vie respiratorie o gastrointestinale) insieme a un altro virus e, mentre entrambi si stavano replicando, avrebbe “rubato” una piccola parte del materiale genetico del “coinquilino”.


Variante omicron, ecco come è cambiato il coronavirus


Questo piccolo furto, sostengono sempre gli scienziati di Nference, potrebbe essere il motivo per cui omicron sembra essere ancora più contagiosa di delta (perché quel pezzettino in più la adatta meglio al nostro organismo permettendole di eludere le difese immunitarie), ma allo stesso tempo meno virulenta (cioè in grado di provocare una malattia più lieve).

Ultime indiscrezioni

Ultimi aggiornamenti su omicron arrivano da Willem Hanekom, direttore dell’African Health Research Institute, che, intervistato dalla Bbc, conferma come i primi dati indichino che la nuova variante si stia diffondendo in modo davvero molto rapido in Sudafrica, più veloce che nelle tre ondate precedenti. “Praticamente tutti i casi che vediamo in Sudafrica in questo momento sono omicron”, ha dichiarato. Tuttavia, sembra anche che il tasso di reinfezione sia attorno all’1%, ossia che per chi ha già contratto Sars-Cov-2 in passato ci siano poche probabilità di essere infettato di nuovo da questa variante. Le persone colpite, inoltre, sono per lo più giovani non vaccinati, in cui la malattia si è manifestata in forma lieve.

Non ne sappiamo abbastanza

La realtà, però, è che non ci sono ancora abbastanza dati per dire nulla di concreto, soprattutto sulla malattia causata dall’infezione di omicron (le informazioni per il momento riguardano una popolazione dalla composizione diversa rispetto a quella dei paesi occidentali). Dire che Covid-19 diventerà un raffreddore, insomma, è quantomeno prematuro e rischia (di nuovo) di far abbassare la guardia. Pensiamo solo a cosa succederebbe se, omicron fosse molto più contagiosa di delta (come sembra) ma non particolarmente “più buona”: al crescere della curva epidemiologica, avremo centinaia di migliaia di persone contagiate in tutto il mondo che starebbero relativamente bene (trascurando la possibilità di Long Covid), ma anche sempre più persone che invece avranno bisogno di assistenza ospedaliera – forse una piccola percentuale sul totale ma sufficiente a mandare in crisi i sistemi sanitari.

via Wired.it

Mara Magistroni

Nata e cresciuta nella “terra di mezzo” tra la grande Milano e il Parco del Ticino, si definisce un’entusiasta ex-biologa alla ricerca della sua vera natura. Dopo il master in comunicazione della scienza presso la Sissa di Trieste, ha collaborato con Fondazione Telethon. Dal 2016 lavora come freelance.

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