I raggi cosmici? Arrivano da galassie lontane

I raggi cosmici ad altissima energia che si fanno strada verso il nostro pianeta provengono da galassie molto molto lontane. A riferirlo su Science è un team composto da 400 scienziati, che nel corso di più di un decennio ha raccolto dati per studiare la distribuzione delle direzioni di arrivo dei raggi cosmici, facendo finalmente luce sull’origine di queste particelle a elevatissima energia. Più precisamente, gli esperti hanno scoperto che le direzioni dei raggi cosmici non sono distribuite uniformemente in tutto il cielo, ma lungo una specifica direzione: questa direzione di allineamento, secondo i ricercatori, indicherebbe per l’appunto che le particelle abbiano origine in galassie lontane, al di fuori della Via Lattea.

Ma cosa sono esattamente i raggi cosmici? Si tratta di particelle energetiche costituite da protoni, elettroni, nuclei di elio, fotoni e neutrini, che arrivano dallo Spazio e che possono raggiungere le più alte energie mai osservate in natura, addirittura ben oltre quelle dei nostri acceleratori di particelle. In particolare, le particelle con le più alte energie sono particolarmente difficili da rilevare, tanto che, sebbene siano conosciute da oltre 50 anni, la loro origine è rimasta finora un mistero. Riuscire a studiarle, quindi, permetterebbe alla comunità scientifica non solo di comprendere la natura della materia all’esterno dalla nostra galassia, ma anche di capire quali processi e quali meccanismi creano i nuclei di tali particelle.

In altre parole, di rispondere finalmente alle domande fondamentali sulle origini dell’Universo, sulla nostra galassia e su noi stessi.

Per riuscire a rivelare i raggi cosmici, il team di ricercatori si è servito degli occhi dell’Observatory Pierre Auger (Argentina), il più grande osservatorio cosmico mai costruito, analizzando i dati raccolti tra gennaio 2004 e agosto 2016. Con ottimi risultati, a quanto pare: “Siamo molto vicini a risolvere il mistero di dove e come queste straordinarie particelle vengano create, una questione di grande interesse per gli astrofisici”, spiega Karl-Heinz Kampert, professore dell’Università di Wuppertal in Germania. Per rivelare i raggi cosmici, gli scienziati di solito esaminano le cascate di miliardi di elettroni, fotoni e muoni che questi producono interagendo con i nuclei presenti nella nostra atmosfera, mentre la attraversano a una velocità prossima a quella della luce. Nell’osservatorio argentino, invece, i raggi cosmici vengono rilevati sfruttando il cosiddetto l’effetto Cerenkov, ovvero l’emissione di radiazione elettromagnetica da parte di particelle cariche quando queste passano attraverso un mezzo, come l’acqua: gli autori dello studio hanno stimato l’effetto Cerenkov prodotto dai raggi cosmici in 1600 rivelatori, grandi strutture in plastica contenenti ciascuno 12 tonnellate di acqua, distribuiti su 3mila chilometri quadrati, . Misurando i tempi di arrivo delle particelle nei rilevatori, mediante ricevitori Gps, e incrociando i dati, gli scienziati sono stati in grado di determinare la direzione di arrivo dei raggi cosmici.

Studiando la distribuzione di queste direzioni, il team di ricercatori ha scoperto un’anisotropia, ovvero una disomogeneità spaziale: in parole più semplici, i raggi cosmici non sembrano arrivare uniformemente da tutte le direzioni, ma esiste una direzione in qualche modo preferenziale. Che sembra puntare in una zona dello Spazio in cui la densità di galassie è particolarmente elevata. Tuttavia, precisano gli scienziati, al momento è ancora impossibile stabilire con precisione quale sia l’origine di questi raggi cosmici, anche tenuto conto del fatto che le particelle che li compongono sono deviate di una decina di gradi dal campo magnetico della nostra galassia.

Via: Wired.it

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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