Spazio

Oumuamua è un intruso alieno: ecco come potrebbe essere arrivato

Lo abbiamo considerato prima una cometa, quindi un asteroide interstellare e infine di nuovo una cometa (più o meno). Si tratta del famosissimo Oumuamua, il primo oggetto interstellare del nostro Sistema solare che alla fine del 2017 era passato a soli 33 milioni di chilometri da noi, per poi fuggire nuovamente nello Spazio profondo. E che suscitò l’interesse e la curiosità dell’intera comunità scientifica, tanto che, tra dubbi e incertezze su cosa fosse esattamente e sulla sua origine, alcuni scienziati avevano ipotizzato che Oumuamua potesse essere una navicella spaziale inviata da una lontana civiltà extraterrestre. Un’ipotesi (molto bizzarra) che oggi viene smentita da un team di ricercatori dell’Università del Maryland, che nel loro nuovo studio appena pubblicato su Nature Astronomy, dimostrano come Oumuamua sia un oggetto di origine naturale

La bizzarra ipotesi di una navicella aliena

In una corsa sfrenata di poche settimane per raccogliere tutti i dati possibili prima che Oumuamua (formalmente chiamato 1I/2017 U1) sparisse dalla portata dei telescopi terrestri, i ricercatori, in mancanza di solide prove, non avevano finora potuto escludere con certezza che l’oggetto misterioso fosse una navicella aliena, spinta nello Spazio attraverso una vela solare. “Non abbiamo mai visto nulla di simile nel nostro sistema solare e Oumuamua rimane ancora un mistero” ha commentato Matthew Knight, autore dell’ultima ricerca. “L’ipotesi della navicella spaziale aliena è un’idea divertente, ma la nostra analisi suggerisce che esiste un’intera serie di fenomeni naturali che potrebbero spiegarlo”.

Oumuamua e la sua strana accelerazione

Ciò che fin da subito ha incuriosito la comunità scientifica era che Oumuamua mostrava piccole deviazioni della traiettoria e accelerazioni della velocità che non potevano essere attribuiti alle sole forze gravitazionali esercitate dai corpi celesti più grandi. Secondo gli esperti, il motivo è da ricercarsi, invece, nel processo di degassamento tipico delle comete, durante il quale getti di materiale gassoso espulsi dalla superficie (causati dall’interazione tra il calore del Sole e le componenti ghiacciate di Oumuamua), ne avrebbero aumentato la sua velocità e deviato la traiettoria. “Il moto di Oumuamua non ha seguito semplicemente le forze gravitazionali come ci aspetteremmo da un asteroide”, ha continuato Knight. “E non ha mai mostrato nessuna delle caratteristiche tipiche delle comete, come per esempio una coda o getti di gas”.

Oumuamua, il primo di una lunga serie

Nel nuovo studio, Knight e il suo team di astronomi provenienti dagli Stati Uniti e dall’Europa hanno passato in rassegna tutti i dati esistenti in letteratura su Oumuamua. E sono arrivati a formulare un’ipotesi, che esclude quella di una navicella aliena. Oumuamua sarebbe stato espulso dal suo sistema stellare a causa di un pianeta gigante, in maniera molto simile a quanto ipotizzato per la Nube di Oort, un insieme di corpi celesti ghiacciati situato ai confini esterni del nostro Sistema solare a causa della gravità esercitata dal nostro gigante gassoso Giove. Si pensa, infatti, che altre stelle oltre al nostro Sole abbiano una nube di Oort e che i bordi esterni delle nubi di due stelle vicine possano sovrapporsi, causando occasionalmente delle “intrusioni” di oggetti interstellari, proprio come Oumuamua.

Secondo i ricercatori, inoltre, Oumuamua potrebbe essere solamente il primo di una lunga serie di oggesti interstellari, che dal 2022 saranno più facilmente rilevabili grazie al Large Synoptic Survey Telescope (Lsst). “Nei prossimi 10 anni, ci aspettiamo di cominciare a vedere un numero sempre crescente di oggetti come Oumuamua.”, ha concluso Knight. “E solo a quel punto, dopo averne osservati 10-20, potremo sapere se Oumuamua è un oggetto davvero unico oppure molto comune”.

Riferimenti: Nature Astronomy

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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