Ovociti dalle staminali? Uno studio dice no

“Suggerisco di fare meno chiasso”, ha detto Kui Liu, docente di biologia molecolare all’Università di Goteborg, in Svezia, riferendosi alla recente scoperta delle cellule staminali in grado di produrre ovociti (Osc) per tutta la vita di una donna, o quasi. Liu ha infatti firmato uno studio su Proceedings of the National Academy of Sciences che non avalla affatto quanto trovato lo scorso febbraio dal suo collega Jonathan Tilly, il direttore del Vincent Center for Reproductive Biology del Massachusetts General Hospital di Boston. Come riporta New Scientist, Liu esclude addirittura che le cellule staminali ovariche umane possano esistere, per quanto la prospettiva possa essere allettante. 

La materia è delicata e non ha mancato di sollevare polemiche. Di Tilly in primis, dal momento che questo studio non sarebbe stato condotto con le stesse sue metodiche. 

Facciamo una piccola ricapitolazione. È dal 2004 che Tilly cerca di confutare uno degli assiomi della biologia: quello per cui le femmine dei mammiferi nascono già con tutte le cellule uovo a loro disposizione, senza la possibilità di formarne di nuove (al contrario di quanto avviene nei maschi, che continuano a produrre spermatozoi per quasi tutta la durata della loro vita). In quell’anno, Tilly aveva pubblicato una prima ricerca su Nature in cui dimostrava che un trapianto di midollo osseo poteva ristabilire la produzione di ovociti in femmine di topo sottoposte a chemioterapia. A un anno di distanza, veniva pubblicato su Cell uno studio di controllo di quei primi, stupefacenti, risultati. 

I suoi lavori sono stati accolti da subito con diffidenza nell’ambiente scientifico. Almeno fino al 2009, quando Nature Cell Biology ha pubblicato una ricerca dell’Università di Jiao Tong, a Shanghai. Qui si dimostrava che era effettivamente possibile isolare e coltivare le Osc, e che queste cellule, trapiantate nelle ovaie di femmine di topo sottoposte a chemioterapia, si differenziavano in ovociti in grado di dare luogo a una progenie sana. 

Cinque mesi fa, Tilly ha finalmente osservato che anche le donne hanno una riserva di Osc da cui possono maturare nuovi ovociti, e ha messo a punto un protocollo per individuarle e differenziarle basato sulla presenza di una proteina chiamata vasa

Liu ha usato un metodo diverso per cercare queste cellule, sebbene sempre a partire da vasa. Ha modificato geneticamente alcuni topi perché tutte le loro cellule esprimessero una proteina verde fluorescente; altri sono stati modificati in modo che le cellule con vasa sulla superficie assumessero un altro colore (rosso, giallo o blu). Secondo le previsioni di Liu, la progenie di questi due gruppi avrebbe avuto tutte le cellule verdi, tranne le staminali ovariche. Dopo tre giorni di osservazioni, i ricercatori hanno prelevato dal tessuto ovarico le cellule di colore diverso, e hanno cercato di farle sviluppare in ovociti. 

Però non è accaduto niente: nessuna cellula si è differenziata dando luogo a nuove cellule uovo. “Queste cellule sembrano staminali, ma non si comportano come tali. Non siamo affatto sicuri che lo siano”, ha detto Liu. 

Per Tilly e per altri esperti del settore, i risultati di Liu non provano nulla: prima di tutto perché la tecnica utilizzata è completamente diversa, secondo perché tre giorni di osservazioni non sono sufficienti: “Servono molte settimane a queste cellule per cominciare a crescere. Probabilmente, Liu ha individuato semplici ovociti immaturi che di certo non proliferano”. 

A decretare il vincitore e, soprattutto, a stabilire se sarà possibile per le donne, un giorno, disporre di una riserva di staminali ovariche saranno altri studi indipendenti o nuovi successi, stavolta inconfutabili, di Tilly.

via wired.it

Credit immagine a Wikimedia Commons

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