Con Parker Solar Probe, la prima misura dettagliata del campo elettrico solare

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Rappresentazione artistica della sonda Parker Solar Probe. (Credits: Nasa)

Da Parker Solar Probe – la sonda che più si sta avvicinando al Sole – arriva un risultato per così dire scottante. Da quasi tre anni, infatti, la sonda è in viaggio verso la stella e si trova ora alla distanza minima mai raggiunta da qualunque sonda, 0.1 unità astronomiche (circa un decimo della distanza media che separa la Terra dal Sole). Lo scopo è quello di studiare da vicino i fenomeni fisici che caratterizzano la superficie del Sole e, soprattutto, capire l’origine e il meccanismo del vento solare.

Grazie ai dati in arrivo della sonda, gli astronomi sono riusciti per la prima volta a misurare il campo elettrico del Sole mentre Parker Solar Probe si trovava proprio al suo interno, calcolando la distribuzione di velocità degli elettroni vicino alla corona e ridefinendo il loro ruolo nell’accelerazione del vento solare, quel costante flusso di particelle cariche provenienti dall’atmosfera solare che attraversa i pianeti e la Terra, perturbandone talvolta la magnetosfera. I risultati della ricerca sono pubblicati su The Astrophysical Journal.

Un gioco di forze

Gli astronomi hanno calcolato la distribuzione degli elettroni all’interno del campo elettrico del Sole e, da questa, sono stati in grado di ricavare la dimensione, l’ampiezza e la portata del campo elettrico della nostra stella più precisamente di ogni precedente stima.

La condizione necessaria per queste misurazioni è la vicinanza alla superficie solare. Finora, era stato un po’ come cercare di capire una cascata guardando il fiume un chilometro più a valle. La posizione in cui Parker Solar Probe ha preso i dati, invece, è proprio dentro la cascata, dove il vento solare è in piena fase di accelerazione.

Il campo elettrico del Sole nasce dall’interazione fra protoni ed elettroni generati quando gli atomi di idrogeno vengono fatti a pezzi nell’intenso calore generato dalla fusione nucleare al centro della stella. In queste condizioni gli elettroni, la cui massa è quasi duemila volte inferiore a quella dei protoni, riescono a vincere l’attrazione gravitazionale e vengono spinti verso l’esterno. Nonostante la loro estrema leggerezza, il loro percorso è tutt’altro che lineare, poiché devono fuggire anche all’attrazione esercitata dalla carica elettrica positiva dei protoni. È grazie a questo gioco di forze fra cariche opposte che si genera il campo elettrico.

“Gli elettroni nella corona sono leggeri e molto mobili, e quindi sfuggono facilmente al campo gravitazionale del Sole. Gli ioni che si trovano sulla corona e andranno a formare il vento solare, d’altra parte, sono pesanti e non possono raggiungere facilmente la velocità di fuga. In assenza di un campo elettrico, gli elettroni scapperebbero tutti e lascerebbero gli ioni indietro” spiega a Galileo Jasper Halekas, docente al Dipartimento di fisica e astronomia dell’Iowa e primo autore dello studio. “Tuttavia, qualsiasi squilibrio di carica crea un campo elettrico che tiene insieme gli elettroni e gli ioni. Gli elettroni sono trattenuti da questo campo elettrico, e in particolare quelli meno energetici rimangono intrappolati, mentre quelli più energetici possono ancora fuggire trascinando con sé gli ioni del vento solare. Misurando le popolazioni intrappolate e quelle che fuggono, possiamo dedurre il potenziale elettrico del Sole”.

I ricercatori dell’Università dell’Iowa hanno misurato il tasso di elettroni vicini alla superficie solare e la loro distribuzione in velocità per determinare il confine di energia tra gli elettroni che sfuggono alle grinfie del Sole (accelerando gli ioni che costituiscono il vento solare) e quelli che non lo fanno. Crediti: Jasper Halekas lab, University of Iowa

Là dove nasce il vento solare

Esattamente come l’effetto di una cascata su un fiume è molto diverso se si osserva ai piedi della cascata o più a valle, dove la turbolenza finisce, il vento solare viene percepito sulla Terra come un flusso pressoché costante di particelle cariche con alcune, estemporanee, accelerazioni. Sulla superficie del Sole, invece, diverse sonde hanno evidenziato come la situazione sia molto più complessa e instabile.

Lo scopo dei ricercatori di Parker Solar Probe, in questo caso, era capire quanto il campo elettrico contribuisca a determinare l’accelerazione e la velocità finale del vento solare, che raggiunge i milioni di chilometri all’ora.

“Il campo elettrico agisce quindi anche per tirare gli ioni fuori dal Sole, contrastando parzialmente il campo gravitazionale, e fornendo una parte dell’accelerazione del vento solare” continua Halekas. “L’estrapolazione dei risultati osservativi suggerisce però che il campo elettrico molto probabilmente non fornisce tutta l’accelerazione richiesta. Deve intervenire qualche altro meccanismo, come ad esempio il riscaldamento degli ioni indotto dalle onde, per fornire il resto dell’energia richiesta. Man mano che Parker Solar Probe si avvicina sempre di più al Sole, speriamo di rilevare segnali più diretti del meccanismo o dei meccanismi di accelerazione in gioco”.

Riferimenti: The Astrophysical Journal; University of Iowa