Parkinson, al via la sperimentazione con le staminali

Sta per partire a Milano il primo studio clinico al mondo che sperimenta l’uso di cellule staminali per trattare una forma di Parkinson tra le più gravi e legata a una malattia molto rara, la paralisi sopranucleare progressiva. Le persone che presentano questa sindrome hanno in media un’aspettativa di vita di sette anni dal momento in cui si manifesta e, data la difficoltà di riconoscerla, di quattro anni dal momento in cui viene diagnosticata.

Nell’ambito delle malattie neurodegenerative, l’applicazione terapeutica delle cellule staminali rappresenta un campo di indagine molto vivo. Ma, al di là delle promesse di sedicenti “centri specializzati” oltre confine, che offrono terapie poco o per nulla accreditate, la sperimentazione clinica è soltanto all’inizio. Nel caso dell’uso delle staminali nel Parkinson, poi, è stata fatta pochissima ricerca in questi anni. Proprio per rispondere alle richieste dei pazienti, attratti dai rumors su queste “promesse di cura”, Gianni Pezzoli, direttore del Centro Parkinson di Milano, ha deciso di disegnare uno studio clinico estremamente rigoroso, basato sui risultati di precedenti studi su modelli animali e sui dati finora disponibili. A condurlo sarà lo stesso Pezzoli e il neuroradiologo Maurizio Isalberti della Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

L’obiettivo, per ora, è quello di accertare la sicurezza della procedura (lo studio è di fase I). Verranno arruolati 20 pazienti: dieci riceveranno le cellule staminali, altre dieci un placebo. Tutti verranno seguiti attentamente per i sei mesi a seguire (i medici stessi non possono sapere chi ha ricevuto la terapia e chi no). Alla fine del primo periodo di controllo, anche chi aveva ricevuto il placebo verrà sottoposto al trattamento. Tutti saranno seguiti per il resto della loro vita. 

Le cellule saranno prelevate dal midollo osseo dei pazienti stessi. Si utilizzeranno le staminali mesenchimali pluripotenti, precursori del tessuto osseo, cartilagineo e adiposo, ma note anche per esercitare un meccanismo di protezione dei tessuti. “È su questo che puntiamo. Le cellule mesenchimali sono presenti in tutti i tessuti e sottostanno ad alcuni processi di riparazione”, ha spiegato Pezzoli nel corso della presentazione dello studio, che si è tenuta a Milano: “L’idea è sfruttare questo loro ruolo fisiologico indiretto per proteggere il tessuto cerebrale che circonda il danno e rallentare, di conseguenza, la malattia”. 

Come ci si arriva al tessuto cerebrale? “Attraverso le arterie che portano il sangue al cervello”, risponde Isalberti. Le cellule staminali, da 500.000 a due milioni per chilogrammo, saranno infatti iniettate attraverso un catetere inserito nell’arteria femorale, secondo una procedura utilizzata di routine nelle angiografie e che richiede poco tempo.

Non si può essere certi che le cellule si fermeranno nel posto giusto ma, in base alle conoscenze accumulate finora, ci sono buone probabilità che questo accada. “Stiamo seguendo una via che ci sembra la più naturale possibile. Le cellule mesenchimali sono già presenti nel cervello e vengono già utilizzate dai tessuti danneggiati. Noi intendiamo potenziare questo processo”.

1 commento

  1. La scienza sta facendo il suo lavoro, ma molti credono che questo sia fantascienza, non ci credono e pensano che siano teorie, confondono scienza e religione e mettono tutto in un calderone.
    Secondo me ci vuole più informazione Super quark sarà interessante ma non parla di scienza come è possibile? Nessuno fa informazione anche Leonardo non lo fa in modo adeguato sembra un altro mondo, dovrebbe informare meglio sulla ricerca medica e sui suoi prodigi, perchè miglioramenti ce ne sono stati.

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