Parkinson: l’esercizio ad alta intensità rallenta la malattia

Una cura non esiste, ma le terapie disponibili possono fare molto per migliorare la qualità di vita di chi soffre di Parkinson. Accanto ai farmaci, efficaci e con effetti collaterali sempre più contenuti, gli specialisti consigliano alcune semplici regole di alimentazione, il counseling psicologico e lo sport, interventi che aiutano i pazienti a mantenersi attivi e possono ritardare l’insorgenza e il peggioramento dei sintomi. Fino ad oggi però non era chiaro quanto, e quale, esercizio fisico garantisse gli effetti ottimali contro questa malattia. Un nuovo studio pubblicato su Jama Neurology sembra fare chiarezza una volta per tutte, dimostrando per la prima volta la sicurezza e l’efficacia dell’allenamento ad alta intensità nei pazienti con Parkinson in fase iniziale.

Lo studio in questione è un trial di fase due coordinato dai ricercatori della Northwestern University e dell’Università del Colorado, che ha coinvolto 128 pazienti di età compresa tra i 40 e gli 80 anni. Tutti i partecipanti avevano una diagnosi di Parkinson in fase iniziale, che durante lo studio non sono stati sottoposti a trattamenti farmacologici.

Durante i sei mesi della ricerca i volontari hanno partecipato a uno specifico regime di allenamento aerobico: tre sedute settimanali di esercizio con il tapis roulant di intensità variabile. Per un gruppo si è trattato di lavorare tra l’80 e l’85% della cosiddetta frequenza cardiaca massima (un parametro utilizzato per valutare l’efficacia degli esercizi fisici aerobici). Un secondo gruppo di pazienti si è allenato invece tra il 60 e il 65% della frequenza cardiaca massima, mentre un gruppo di controllo non ha eseguito l’allenamento.

Al termine dei sei mesi i ricercatori hanno quindi esaminato come fossero cambiati i sintomi dei pazienti, calcolandone l’intensità su una scala che va da 0 a 108. Tutti i partecipanti prima di iniziare il trial avevano un punteggio pari a venti, e se al termine della sperimentazione quelli del gruppo che aveva praticato esercizio ad alta intensità continuavano ad avere il medesimo punteggio, quelli del secondo gruppo hanno dimostrato invece un peggioramento medio di un punto e mezzo, mentre quelli del gruppo di controllo si era arrivati ad un peggioramento di ben tre punti.

Una differenza che può sembrare minima. Ma come spiegano gli autori della ricerca si tratta di una variazione del 15%: un intensificarsi dei sintomi che si traduce in un peggioramento tangibile della qualità di vita dei pazienti.

Trattandosi di un trial di fase due serviranno ulteriori ricerche per confermare l’efficacia emersa sin ora. Ma gli autori dello studio sono estremamente fiduciosi riguardo ai risultati ottenuti, e avendo dimostrato la sicurezza dell’esercizio ad alta intensità per i pazienti, ritengono sia già possibile consigliarne l’adozione. Soprattutto per chi soffre di una malattia in stato iniziale. “Se si interviene negli stadi iniziali è più probabile riuscire a prevenire efficacemente il progresso della malattia”, spiega Daniel Corcos, coordinatore dello studio per la Northwestern University. “Quel che mi sento di dire è che se un paziente con il Parkinson vuole ritardare il peggioramento dei suoi sintomi dovrebbe provare a esercitarsi per tre volte a settimana all’80-85% della frequenza cardiaca massima”.

Riferimenti: Jama Neurology

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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