Parkinson: verso una terapia con le staminali

Mentre in Europa le cellule staminali sono al centro di un dibattito soprattutto politico (vedi Galileo), negli Stati Uniti la ricerca va avanti con successo. Gli ultimi, promettenti risultati arrivano da uno studio condotto da un gruppo di ricerca coordinato da Lorenz Studer del Memorial Sloan-Kettering Cancer Centre di New York, che ha trovato un nuovo, efficace metodo per trasformare cellule staminali embrionali umane in neuroni dopaminergici, cioè produttori del neurotrasmettitore dopamina. Le cellule nervose così ottenute sono state utilizzate per curare topi, ratti e scimmie affette da Parkinson con ottimi risultati. 

Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa che causa la morte dei neuroni produttori di dopamina localizzati nella sostanza nera, un’area cerebrale che controlla il movimento. I sintomi sono tremori, rigidità muscolare, lentezza di movimento ma anche stanchezza, dolore e depressione. Le terapie umane per la cura della malattia consistono nella somministrazione di farmaci che promuovono il rilascio di dopamina o nella stimolazione delle aree cerebrali interessate dalla perdita dei neuroni dopaminergici. Ma nessuna sperimentazione con cellule staminali è stata mai avviata. In effetti, nonostante i ricercatori già sapessero come trasformare cellule staminali pluripotenti in neuroni dopaminergici, lo loro limitata vitalità, la scarsa funzionalità e la tendenza a proliferare in modo incontrollato dando origine a tumori ne hanno sempre impedito la sperimentazione in trial clinici su pazienti umani. 

Finalmente arriva ora un risultato che fa sperare. Come spiegato nello studio pubblicato su Nature, esponendo per 25 giorni cellule embrionali umane all’azione di una cascata di segnali proteici, i ricercatori sono riusciti a ottenere neuroni dopaminergici vitali per diversi mesi. La funzionalità di queste cellule nervose è stata quindi testata in tre specie animali affette da Parkinson: ratti, topi e scimmie. I risultati sono stati sorprendenti. In tutti gli animali i neuroni dopaminergici iniettati hanno ristabilito le connessioni nervose interrotte a causa della malattia restaurando in parte le capacità di movimento. Il tutto, cosa più importante, senza causare alcuna crescita tumorale. I risultati sulle scimmie sono ancora più preziosi di quelli ottenuti con i roditori, dal momento che le prime hanno bisogno di un maggior numero di connessioni per ristabilire le funzionalità motorie perse. 

La scoperta, secondo i ricercatori, dimostra che i fallimenti passati non erano legati alla vulnerabilità delle cellule nervose ottenute da staminali, ma piuttosto a un’ incompleta differenziazione cellulare. “Sino a oggi non avevamo mai compreso in pieno i segnali necessari per indurre una cellula staminale a differenziarsi completamente nel giusto tipo cellulare – confessa Lorenz Studer al Guardian – ora sappiamo come fare, un prezioso passo in avanti per il futuro utilizzo di queste cellule a scopi terapeutici”.

“Le cellule create in passato producevano un po’ di dopamina ma non erano esattamente il giusto tipo cellulare di cui avevamo bisogno – continua Studer –  ecco perché il loro impiego ha portato a scarsi progressi negli studi su modelli animali”. Secondo Kieran Breen, direttore di ricerca del Parkinson’s UK: “Le cellule staminali sono una promessa per la cura del Parkinson. Tuttavia, prima di poterle utilizzare abbiamo bisogno di sapere che, una volta introdotte nel cervello, lavorino bene”. Lo studio dell’equipe di Studer sembra fornire qualche rassicurazione a riguardo. Anche la Breen lo riconosce: “Nello studio, i ricercatori hanno usato una procedura diversa per indurre la differenziazione delle cellule staminali in neuroni e questa volta le cellule nervose hanno lavorato bene, non hanno generato tumori e hanno eliminato alcuni sintomi del Parkinson nelle scimmie malate”. “Le terapie basate sulle cellule staminali possono ancora essere lontane – conclude la ricercatrice – ma questo studio dimostra per la prima volta che è possibile ottenere neuroni funzionanti a partire da cellule staminali umane”. 

“I risultati dell’equipe di Studer pongono una sfida all’Europa riguardo alla legislazione futura e alla competitività in questo campo”, ha affermato Elena Cattaneo riferendosi ai limiti imposti alla ricerca sulle cellule embrionali umane, e alla recente sentenza della Corte di Giustizia europea che ha vietato la brevettabilità delle invenzioni da esse derivanti. Cattaneo è direttore del Centro di Ricerca sulle Cellule Staminali dell’Università di Milano e anche coordinatrice del progetto Eurostemcell, che ha cofinanziato lo studio apparso su Nature.

Riferimento: Nature doi:10.1038/nature10648 

Via Wired.it

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