Pc inquinanti

Le bugie cablano corto. Sul sito della Hewlett Packard, una tra le maggiori aziende del mercato informatico, si può leggere che “La Hp ha eliminato da molti anni l’uso del decaBDE (un particolare ritardante di fiamma a base di bromurati, ritenuto tossico) e non intende riutilizzarlo”. Eppure c’è.

Una recente indagine di Greenpeace ha rilevato la presenza di sostanze chimiche messa al bando dalla Comunità Europea in cinque modelli di computer portatili di altrettante marche. La Hp non è il solo colosso informatico che appare all’interno del rapporto “Toxic Chemicals in computers”: le fanno compagnia Apple, Dell, Acer e Sony.

Lo studio è stato condotto da Greenpeace e dalla danese Eurofins Environmental a marzo di quest’anno: sono stati controllati circa 40 componenti di ogni modello e ciascuno è stato trovato fuori legge per almeno una sostanza ritenuta potenzialmente pericolosa. Le microanalisi ai raggi X (Edax) hanno rivelato la presenza di metalli pesanti, come anche quella del bromo, trovato in tutti i notebook, primo indizio della possibile presenza di composti bromurati utilizzati per diminuire il pericolo di incendi.

Tra questi, il tetrabromibisfenolo-A (TBBPA) e alcuni difenileteri polibromurati (PBDEs) sono stati identificati in alcune ventole di raffreddamento. Proprio in un modello della Hp sono stati trovati i livelli più alti di PBDE (precisamente del nonaBDE e del decaBDE, quello che dicevano di aver eliminato). I valori trovati vanno ben oltre quelli fissati dalla direttiva europea RoHS (Restriction of Hazardous Substances), che in Italia entrerà in vigore il 1° dicembre 2006, mentre in alcuni paesi lo già da luglio.

Il piombo è stato trovato in tutti i computer, mentre non sembrano essere presenti né cadmio né mercurio. Per quanto riguarda il bromo, trovato ad altissimi livelli, però, sembra che la quantità di ritardanti di fiamma trovati non basti a far tornare i conti. È quindi plausibile che ci siano altre sostanze che contengono il metallo, non direttamente individuabili dalle analisi svolte.

La direttiva regola la presenza di alcune sostanze, tra cui anche il piombo, il mercurio, il cromo esavalente, il cadmio. I valori limite sono fissati allo 0,1 per cento del peso della componente, ad eccezione del cadmio per cui si scende allo 0,01. Questi computer sono stati immessi sul mercato prima che la direttiva entrasse in vigore, ma il problema resta e, per il nonaBDE, la Hewlett Packard supera lo 0,2 per cento.

Le cinque aziende contestano i risultati dello studio di Greenpeace, criticandone i metodi. È bene precisare, comunque, che il rischio di avvelenarsi controllando la posta elettronica o elaborando un documento non esiste. Anche se, in grandi quantità, le sostanze sotto accusa possono causare sterilità nell’uomo, disturbi del sistema nervoso e aumento della pressione sanguigna. Il problema principale, quindi, è rappresentato dallo smaltimento, più che dal loro utilizzo diretto e dall’assemblaggio.

Benché il Pvc (cloruro di polivinile) non rientri nella direttiva, l’associazione ambientalista ha analizzato i portatili anche per questa sostanza ritenuta cancerogena e accusata di interferire con il sistema immunitario e riproduttivo, contro cui Greenpeace è in guerra da moltissimi anni.
Secondo il rapporto, alcune componenti dei portatili contengono il Pvc, anche se non sarebbe essenziale per il funzionamento della componete stessa.

La stessa Greenpeace aveva dato la medaglia d’argento e di bronzo alla Dell e alla Hewlett Packard nella sua “Eco guida ai prodotti elettronici” per non far uso di sostanze chimiche pericolose e per il contribuito al riciclaggio dei componenti elettronici. La classifica è stata, ovviamente, rivista.

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