Paolo Cornaglia FerrarisPediatri di stradaIl Pensiero Scientifico 2005pp. 103, euro 10,00Un vicolo antico di Genova, un gruppo di pediatri volontari e nove storie di bambini. Non bambini qualunque, ma figli di immigrati irregolari e perciò clandestini per nascita. Nasce così la formula di assistenza sanitaria controcorrente ideata e raccontata da Paolo Cornaglia Ferraris, ematologo e pediatra fondatore della onlus Camici&Pigiami, nel volume Pediatri di strada. Una formula nuova perché basata su regole che non sono quelle tipiche della medicina moderna. Quando nel 2003, insieme a un amico medico, Ferraris alza la serranda di ex bottega di ferramenta presa in affitto, che diventerà un ambulatorio, ha le idee chiare: il sapere medico-scientifico basato sulle evidenze incoraggia l’intelligenza razionale a scapito di quella emotiva, per questo recuperare e insegnare una medicina delle emozioni non potrà che essere motivo di progresso. Oggi, a tre anni dall’apertura, il centro pediatrico conta 12 operatori volontari, oltre 2 mila visite nel corso del 2005 e più di 1500 pazienti. Qui ad accompagnare i loro figli vengono donne romene, senegalesi, zingare e soprattutto ecuadoriane. Come Jenny, rimasta incinta a 15 anni e con la paura di non saper fare la mamma. E poi ancora una fila di Habibah, Zurina, Quang, Omar, Zacarias, fino ai nostrani Giorgio e Alessandro. E tutti loro sono, nel volume, l’occasione saperne di più sui paesi e le culture da cui provengono. In base alla legge Bossi-Fini non è prevista per questi bambini l’assistenza sanitaria perché privi di cittadinanza, ma essi hanno l’obbligo di frequenza scolastica: vanno alla scuola materna o alle elementari e quindi possono essere facilmente veicolo di malattie o infezioni. Quando hanno bisogno di qualche esame specifico che si può fare solo in ospedale, o addirittura il ricovero, le parole “urgente-essenziale” sul certificato medico permette loro di ottenere le cure necessarie. La situazione non è uniforme in tutta l’Italia. Vi sono delle regioni, come l’Umbria e il Trentino Alto-Adige, in cui gli stranieri irregolari possono avere l’assistenza pediatrica per i propri figli; in altre regioni le visite pediatriche si svolgono nei consultori familiari ma fino all’età di tre anni. Accanto a questa offerta dello Stato c’è l’assistenza dei privati volontari, proprio come i pediatri di Genova. L’autore racconta con entusiasmo la nascita dell’ambulatorio dai primi momenti, il restauro e i disegni del soffitto e dei muri, per poi addentrarsi in quelli che sono i problemi quotidiani dei medici volontari: come la mancanza di soldi, di farmaci, di personale. Ma ancor di più sorprende la profonda confidenza con i bambini che il racconto del libro richiama. In un momento in cui il modello imperante sembra essere quello del di una scienza evidence-based, l’esperienza di Ferraris è appunto controcorrente. Non solo dal punto di vista umano, ma anche professionale. Ferraris sostiene con le parole e con la sua esperienza che il sapere medico è scientifico, ma anche emotivo. Secondo l’autore, l’Ebm deve coniugarsi con capacità comunicativa e intelligenza emotiva. Se non si sarà capaci di fare questo, la medicina occidentale perderà la propria sfida ai cambiamenti di una società, sempre più caratterizzata dall’immigrazione e dall’ingiustizia sanitaria.