Pene d’amore: siamo programmati per dimenticarle

Dà una (piacevole) dipendenza, ma quando finisce il cervello sa già come adattarsi, ed andare oltre. La definizione (un po’ cinica se vogliamo) dell’amorearriva dagli scienziati della Saint Louis University, che hanno analizzato diversi studi condotti sul comportamento di un cervello innamorato. In particolare, la ricerca pubblicata su Review of General Psychology si è concentrata sull’azione che i sentimenti hanno sui neuroni, confrontandola con quella innescata dalla cocaina.

Quando ci si innamora il cervello viene travolto da un’onda di messaggeri chimici: un’alimentazione di sostanze che dà dipendenza e piacere. Primo fra tutti la serotonina: una sostanza di natura ormonale che è capace di donare buonumore e sensazione di piacere. Almeno finché dura. L’evoluzione culturale umana ha infatti sì plasmato il rapporto tra uomo e donna come monogamo e, teoricamente, pensato per durare per sempre, tuttavia quasi tutte le persone durante la loro vita sperimentano la fine di una relazione alla quale, presto o tardi, subentra una nuova storia.

Una parte degli studi presi in esame ha analizzato con la risonanza magnetica funzionale i cervelli di persone che affermavano di essere profondamente innamorate, al momento del test. Le immagini hanno mostrato che le aree del cervello correlate alla sensazione di piacere, le stesse che vengono “accese” dall’uso di cocaina, erano particolarmente attive in queste persone. Esami simili, ma in persone che stavano vivendo la fine di una storia, hanno permesso di osservare l’esatto contrario: lo spegnimento di queste zone. Esattamente come accade negli ex consumatori di cocaina.

Cosa accade poi? Il cervello, privato di queste fonti di piacere, spinge il resto del corpo a inseguire il rapporto perduto, con la speranza di riconquistare il cuore dell’amato. L’inseguimento non dura però per sempre. Quando i tentativi cominciano a essere infruttuosi è lo stesso cervello a dire basta e cominciare a pensare ad altro, e una nuova storia. Almeno così sostengono i ricercatori.

Mantenendo il parallelismo con le dipendenze da sostanze da abuso, gli scienziati hanno infatti osservato cosa accade nel cervello di chi è stato in precedenza tossicodipendente per predire così come potrebbe apparire quello di chi interrompe una relazione. Le immagini ottenute hanno così mostrato che chi non usa più cocaina mostra un aumento di volume di materia grigia in diverse regioni cerebrali: un pattern molto diverso da quello che si riscontra in chi invece fa ancora uso della sostanza.

“Potremmo immaginare”, ipotizza Brian Boutwell della Saint Louis University,  tra i firmatari del paper: “che diverse regioni del cervello agiscono in un modo una volta che la dipendenza è stata rimossa, poi aiutano la persona a trovare un nuovo partner”. Ovvero: dopo tentativi iniziali di riconquista, continua il ricercatore, se questi si rivelano davvero inutili, il cervello agisce per correggere certe emozioni e comportamenti, aiutando le persone a sentirsi attratti da nuovi compagni e a formare nuove relazioni. Ipotesi e basta per ora, precisano gli esperti, che andranno confermate o smentite dall’analisi del cervello di persone che hanno rotto una relazione e si sono di nuovo innamorate, per capir quanto fondata possa essere la teoria della dipendenza.

“La nostra indagine”, conclude Boutwell: “ci ha fatto capire che il cervello possiede un meccanismo di autodifesa che permette di dare un senso fisiologico alla convinzione popolare che sia il tempo a cancellare il dolore della fine di un amore. Abbiamo capito come fa ad accendersi la proverbiale ‘luce alla fine del tunnel’ ”.

Riferimenti: Review of General Psychology 

Credits immagine: David Goehring/Flickr CC

 

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