Per la legge di Moore, la vita arriva dallo spazio

Quando sono apparse le prime forme di vita? E dove? In cerca di indizi, due genetisti americani hanno provato, con una similitudine un po’ azzardata, a paragonare gli animali a computer, applicando allo sviluppo degli organismi biologici la cosiddetta legge di Moore, secondo cui le prestazioni degli apparecchi elettronici raddoppiano esponenzialmente in complessità ogni 18 mesi. I risultati dello studio, resi pubblici sui server di arXiv (un archivio per pubblicazioni scientifiche), dipingono uno scenario fantascientifico: le prime forme di vita si sarebbero sviluppate infatti 10 miliardi di anni fa, ovvero prima della formazione del nostro pianeta (che ha circa 4,5 miliardi di anni). Se questo fosse vero, i primi semi della vita arriverebbero dallo Spazio, dove avrebbero avuto origine oltre 5 miliardi di anni prima di migrare sul nostro pianeta. Si tratta però di conclusioni che vanno prese con cautela, perché, come spiegano gli stessi autori, derivano da un esperimento mentale più che da un’autentica ricerca scientifica.

La legge di Moore, formulata da Gordon Moore (uno dei fondatori di Intel) nel 1965, predice che le prestazioni e la complessità strutturale (il numero di transistor) dei computer seguano un incremento esponenziale, raddoppiando ogni 18 mesi. Per Richard Gordon del Gulf Specimen Marine Laboratory della Florida, e Alexei Sharov del National Institute on Aging di Baltimora, alcune caratteristiche del Dna permetterebbero di ipotizzare che l’evoluzione degli organismi biologici segua un aumento di complessità simile a quello degli apparecchi elettronici. Se questo fosse vero, la legge di Moore potrebbe essere usata per scoprire in che periodo apparvero le prime forme di vita sulla Terra. 

I due ricercatori hanno quindi calcolato che con un tasso di incremento costante, la complessità genetica del Dna (il numero di differenti nucleotidi presenti nel codice genetico) dovrebbe raddoppiare ogni 376 milioni di anni. Questa informazione ha permesso loro di ripercorrere all’indietro la storia della vita, fino ad arrivare al periodo in cui il Dna era composto da una singola coppia di basi azotate (unità minima del codice genetico): si tratterebbe di ben 9,7 miliardi di anni fa, un periodo precedente alla formazione del nostro pianeta, che sarebbe avvenuta solamente 5 miliardi di anni dopo.

Questo risultato, spiegano i ricercatori, permette di formulare alcune affermazioni (più o meno) precise sulla origine della vita. Per prima cosa, non si tratterebbe di un fenomeno originario della Terra, ma sarebbe invece arrivata sul nostro pianeta da qualche altro punto dello Spazio. L’arrivo delle prime forme di vita sulla Terra sarebbe quindi dovuta al caso, perché in quel periodo lo sviluppo della vita era appena arrivato allo stadio dei batteri, e non esistevano dunque intelligenze aliene in grado di “inseminare” il nostro pianeta di proposito. Infine, ancora oggi è alquanto improbabile che nello Spazio esistano altre forme di vita intelligente in grado di comunicare con la nostra, perché la vita intelligente è un fenomeno estremamente recente.

Questo ovviamente se l’ipotesi di partenza, cioè che l’evoluzione della vita segue la legge di Moore, fosse corretta. Sono però gli stessi autori dello studio ad ammettere che il loro è solamente un esperimento mentale: l’evoluzione della vita infatti potrebbe aver seguito la legge di Moore solamente in alcuni periodi; il succedersi di cataclismi potrebbe aver bloccato temporaneamente l’aumento di complessità, distruggendo le forme di vita più avanzate; o ancora, l’evoluzione potrebbe aver iniziato a seguire una progressione esponenziale solo dopo aver raggiunto un certo grado di complessità. Per non parlare del fatto, inoltre, che l’evoluzione biologica potrebbe non avere nulla a che fare con la legge di Moore, una circostanza, ammettono gli stessi autori, piuttosto probabile. 

Riferimenti: arXiv 

Credits immagine: chacka²/Flickr

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