Per orientarsi nella ricerca

Giorgio Parisi
La chiave, la luce e l’ubriaco. Come si muove una ricerca scientifica
Di Renzo Editore, 2006
pp. 80, € 10,00

 

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Bene fa, anzi benissimo, l’editore Di Renzo a pubblicare i suoi preziosi volumetti Dialoghi-Scienza, che raccolgono pensieri e opinioni di noti scienziati in fatto di scienze umane e naturali, con approfondimenti nel settore di loro competenza. Giorgio Parisi è probabilmente il fisico teorico più brillante di cui dispone oggi l’Italia e il suo testo contiene una serie di acute osservazioni sugli sviluppi della fisica e di vari settori a essa collegati, a partire dal secolo scorso fino a includere l’oggi e le prospettive future. Il curioso titolo diventa subito illuminante – mi si conceda il bisticcio – quando nel testo si legge la seguente storiella: “Un ubriaco, di notte, si mette a cercare una chiave sotto un lampione. Arriva un tale che lo aiuta ma, non trovando nulla, gli chiede se è proprio sicuro di aver perso lì la chiave. L’ubriaco risponde: no, non sono affatto sicuro, ma è qui che c’è luce”. Che è come dire che gli scienziati fanno le cose che riescono a fare, cioè non si spingono oltre ciò che può essere sperimentato e argomentato con i mezzi al momento disponibili. Da quell’attento osservatore di tutto ciò che avviene intorno a noi, un po’ alla maniera di Galileo, Parisi passa in rassegna una varietà di contenuti con un linguaggio insieme rigoroso e straordinariamente semplice, spesso ricorrendo a esempi elementari destinati ai lettori poco equipaggiati sul piano tecnico-scientifico.

Non è facile render conto delle tante idee espresse nel libro, per lo più dense di significati, quindi mi limito a fare un breve elenco dei contenuti, allo scopo di suscitare l’attenzione dei lettori. Importante, innanzi tutto, il discorso sul ruolo dei computer nello sviluppo della scienza, settore dove Parisi ha dato, con la progettazione del supercalcolatore APE e dei suoi eredi, contributi essenziali. Si parla poi di sistemi complessi, di sistemi “lineari” e “caotici” e si continua con la presentazione dello stato della fisica odierna nei vari rami cosmologia, particelle elementari, struttura della materia e con i mutamenti avvenuti negli ultimi cento anni. Poi i rapporti tra fisica e altre discipline, in particolare biologia, scienze neurali, dinamica finanziaria e sociale, scienza delle comunicazioni, tutti settori interdisciplinari dove la metodologia teorica e sperimentale della fisica apre nuovi fronti di esplorazione.

Molto costruttiva questa interazione, ma anche problematica là dove esistono basilari differenze di approccio, com’è nel caso della fisica e della biologia. La prima avvicina i problemi cercando di ridurli al loro aspetto essenziale (ricordate la sfera perfettamente levigata di Galileo che rotola su un piano altrettanto perfetto e levigato?). La seconda invece non può studiare l’essere vivente se non nella sua complessità (o almeno quasi). C’è una seconda storiella che illumina questa differenza (ma non la troverete nel libro di Parisi): “In una fattoria tutte le vacche hanno smesso di produrre latte. Una commissione di scienziati – un veterinario, un biologo e un fisico – viene invitata a indagare sul problema. L’opinione del veterinario è che le vacche sono disturbate dall’eccessivo rumore proveniente dalla vicina autostrada. Secondo il biologo la colpa è senza dubbio dei mangimi adottati dal fattore. Il fisico medita un po’, poi dice: supponiamo di poter approssimare la vacca a una sfera…”.

L’argomento successivo è il legame tra scienza e tecnologia, aspetto anche questo già presente in Galileo, ma che oggi ha raggiunto una vitale importanza (sia nel bene che nel male). Il libro si chiude con uno sguardo al mondo della didattica: penosa decadenza dell’Università italiana, dove si tende a presentare argomenti ben digeriti, a imporre percorsi obbligati, a guidare gli studenti per mano, senza incoraggiarne l’autonomia (mali, questi, che io ritengo conseguenza del notevole abbassamento nell’impegno richiesto ai giovani a livello della media superiore). E per concludere, indispensabilità del dottorato e di scuole di eccellenza (e qui Parisi addita la differenza tra le classi politica e dirigenziale in Italia e in Francia, dove un’elevata collocazione culturale è di regola). “Dobbiamo fare in modo che i dottori di ricerca vengano assorbiti dalla società”, dichiara Parisi, e in tal caso “per raggiungere gli altri paesi europei il numero totale dei dottorati dovrebbe essere fortemente incrementato”. Parisi offre la sua ricetta: sostanziali cambiamenti nei programmi e soprattutto nell’atteggiamento psicologico, in modo che il dottorato, oltre ai futuri scienziati, crei anche una classe di professionisti preparati e autonomi.

Insomma, un testo eccezionalmente lucido e comprensibile, adatto soprattutto ai giovani in cerca di orientamenti, ma capace anche di chiarire molte idee a quei professionisti che tendono spesso a coltivare orti troppo ristretti. Il libro è utilmente corredato da brevi biografie di scienziati e da un glossario; peccato invece che manchi di un indice analitico che permetta al lettore di ritrovare all’occorrenza il parere di una fervida mente sui singoli argomenti di interesse.

 

 

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