Categorie: Società

Per una cittadinanza morale

Vittorio Lingiardi
Citizen gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale
Il Saggiatore 2007, pp. 160, euro 12,00

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“Dovrebbe importare qualcosa, allo Stato, dell’orientamento sessuale dei suoi cittadini?”, domanda Vittorio Lingiardi, psichiatra e docente alla “Sapienza” di Roma, nella prefazione del volume. Certo che no, dovrebbe essere la risposta spontanea. Ma nella realtà non è così, e non è vero che i cittadini sono tutti uguali sul fronte del riconoscimento dei diritti.  Un segnale legislativo (per esempio una buona legge sulle unioni civili) sarebbe un modo per “invertire la rotta”, sostiene Lingiardi. E aggiunge: “Come psichiatra, sono sicuro che un effetto collaterale positivo dell’approvazione di una buona legge sul riconoscimento delle unioni civili sarebbe un drastico prosciugamento della palude, psicologica e sociale, in cui prolifera l’omofobia”.

Gli ostacoli da superare sono numerosi. Primo tra tutti l’idea che l’omosessualità sia qualcosa di “sbagliato” o una patologia rispetto all’eterosessualità “sana”: nonostante l’omosessualità sia stata derubricata dal DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) nel 1973 (così come nel 1987 è stata derubricata “la diagnosi di ‘omosessualità egodistonica’, dove l’orientamento omosessuale è indesiderato e vissuto in modo conflittuale”, spiega Lingiardi) è ancora resistente il pregiudizio che gli omosessuali abbiano qualcosa che non va. Oltre agli studi che dimostrano il contrario, Lingiardi richiama “semplicemente il buon senso e una visione amorevole delle differenze umane: le persone omosessuali sono sempre esistite, e hanno sempre contribuito alla costruzione della società, nonostante abbiano spesso subito persecuzioni e discriminazioni feroci. Perché mai dovrebbero essere considerati secondo leggi e parametri speciali?”.

Molte delle obiezioni contro l’omosessualità si rivelano insensate, eppure continuano a essere ripetute con ostinazione. Basti pensare alla presunta argomentazione che l’omosessualità sarebbe contro natura, e quindi immorale. Non solo non è agevole definire cosa sia naturale e cosa sia culturale, ma identificare ciò che è naturale con ciò che è buono è ridicolo (un solo esempio: la medicina è contro natura!). Lingiardi si sofferma su queste ingenuità e ricorda che “gli affetti e la loro organizzazione sociale in nessun caso sono ‘naturali’, perché imprescindibili dal contesto culturale in cui si sviluppano, omo o etero che siano”. Ancora più insensato si rivela l’argomento “per cui l’omosessualità non ha gli stessi diritti dell’eterosessualità in quanto non ha finalità riproduttive”: se tutti fossero omosessuali l’umanità si estinguerebbe, ci avvertono con allarme i critici. Secondo Lingiardi questo corollario è un nonsense, come lo sarebbe invocare lo scenario dell’estinzione come argomento contro i preti cattolici. Anche perché essere omosessuali non significa non avere o non desiderare figli. Ma soprattutto emerge una visione dell’amore drasticamente riduzionista: “la tendenza umana a stabilire legami affettivi è sì funzionale, ma non unicamente rivolta alla riproduzione biologica”. Senza dimenticare un paradosso che fa sorridere. Sottolinea infatti Lingiardi che “chi considera l’omosessualità contro natura, è di solito più portato a letture creazioniste, e quindi dovrebbe essere lui/lei a trovare un posto alle persone omosessuali nel disegno intelligente”.

Una riflessione molto interessante è quella che riguarda le ragioni dell’avversione verso l’omosessualità, responsabile di demolire luoghi comuni e stereotipi e per questo tanto avversata. “Un fondamento psicologico dell’omofobia”, afferma Lingiardi, “consiste in una polarizzazione difensiva dei ruoli di genere, che porta a temere/disprezzare i fantasmi di passività e dipendenza nell’uomo e di attività e autosufficienza nella donna”. Come non pensare alla frequente ridicolizzazione di una donna senza un uomo al suo fianco che la protegga? È definita una suora, una zitella o una lesbica, risponde Lingiardi, traditrice del suo ruolo di donna e madre. Così come “inutile è l’uomo che non si porta a letto una donna (un imbranato, un impotente o un finocchio)”. Questo basta a lasciar emergere, evidenzia Lingiardi, come sia profondo il legame tra il maschilismo (con i suoi modelli rigidi e patriarcali) e l’omofobia.

Una delle espressioni più belle del libro (e insieme l’aspirazione più bella) è quella di “cittadinanza morale”, che sia più dell’accettazione, più della tolleranza offensiva e ipocrita; che sia l’abolizione del ghetto omosessuale e il riconoscimento, finalmente, che le nostre scelte personali non dovrebbero essere oggetto né di proibizioni né di concessioni. Dovrebbero tornare a essere “soltanto” il risultato delle nostre legittime preferenze.

Chiara Lalli

Chiara Lalli ha insegnato Logica e filosofia della scienza all’Università “Sapienza” di Roma e Epistemologia delle scienze umane all’università di Cassino. Fa parte del Gruppo di studio di bioetica e cure palliative (SIN, Società italiana di neurologia); di HuGeF-Ethics Committee of the Human Genetics Foundation (Università di Torino, Politecnico di Torino e Compagnia di San Paolo) e del comitato scientifico di Parks, liberi e uguali. È autrice di “Libertà procreativa”, “Dilemmi della bioetica” (2004 e 2007, Liguori), “Buoni genitori. Storie di mamme e di papà gay” e “C’è chi dice no. Dalla leva all’aborto. Come cambia l’obiezione di coscienza” (2009 e 2011, Il Saggiatore. È stata tra i conduttori di Pagina 3, Radio 3, e collabora con varie riviste e giornali, tra cui Il Mucchio e Il Corriere della Sera. Alcuni dei suoi articoli sono qui: http://www.chiaralalli.com/ .

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