Per una sanità delle differenze

Forse perché si è celebrato l’anno europeo delle pari opportunità o forse perché il clima elettorale si respira ovunque, anche negli ordini dei medici, che inizieranno le proprie consultazioni il prossimo autunno, fatto è che, le donne medico, consigliere degli ordini e delle commissioni pari opportunità della Federazione Nazionale Medici ed Odontoiatri (FnomCeo), lanciano la loro provocazione alla politica. Lo hanno fatto con una lettera aperta, scritta a più mani, rivolta a tutti i candidati premier in lizza per le prossime elezioni politiche, in cui chiedono di essere prese in considerazione, come soggetti politici attivi e non solo come elettrici.

Questo l’esito di un’assemblea di donne medico, che si è svolta a Roma il 22 febbraio presso la sede della FnomCeo. Il dibattito, dopo molti anni di relativa quiete, è partito lo scorso settembre alla Reggia di Caserta, nell’ambito del convegno “Medicina e sanità declinate al femminile”.  In quella sede i malumori delle donne medico degli ordini provinciali avevano cominciato a prendere forza, prima di tutto di fronte alle cifre: 124.205 donne sono iscritte agli albi, di cui il 45 per cento ha una specializzazione. Inoltre, nella fascia di età dai 25 ai 35 anni, le donne medico superano il 50 per cento, con punte del 63,4 per cento tra i 25 ed i 29 anni; alta infine la percentuale delle odontoiatre,  il 40 per cento. Tuttavia, i conti non sono tornati quando si è letta la trasposizione negli organismi dirigenti: su 101 ordini provinciali, solo Gorizia ha una donna presidente, mentre nei loro consigli le donne medico occupano una media tra il 25 e il 30 per cento, con l’eccezione dell’ordine provinciale di Sassari che si attesta al 54 per cento.

“La questione non è solo quantitativa”, ha dichiarato Annarita Frullini, consigliera dell’ordine di Pescara, “perché la medicina, declinata al femminile, è anche una precisa politica europea”. È scritto nero su bianco nella raccomandazione del 30 gennaio scorso, siglata dal Comitato dei ministri europei, che auspica regole comuni nel settore della salute, precisando alcuni valori condivisi da promuovere, come: l’accesso equo alle cure sanitarie di qualità adeguata, la partecipazione del cittadino-paziente al processo decisionale riguardante la salute, ma anche l’attenzione agli effetti delle differenze di genere nelle politiche sanitarie, oltre che nelle terapie mediche. Introdurre le politiche sanitarie di genere, significa prendere atto della cultura delle differenze, non solo di sesso, ma anche sociali e culturali. Il Consiglio d’Europa auspica che l’inserimento di questa ulteriore attenzione migliori la qualità stessa della comunicazione tra medico e paziente e inneschi politiche sociali adeguate per rimuovere gli ostacoli delle disuguaglianze, fin dall’accesso alle cure. L’argomento non è nuovo, ma lo è la determinazione delle donne medico di mettersi in gioco con un ruolo politico attivo, cercando di interloquire direttamente con la politica e le istituzioni.

“Non possiamo aspettare oltre”, dichiara Ornella Capelli, presidente dell’Associazione Italiana Donne Medico, “né possiamo comportarci come neofite e passare anni nei sindacati di categoria, organizzati ancora con una modalità gerarchica e maschilista. Le associazioni e le società scientifiche, invece, già ci includono, hanno al loro interno una maggiore partecipazione al femminile. Attingeremo lì le donne da candidare”. E ancora una volta, nelle professioni come in politica, la partenza ha bisogno di regole nuove, dichiara Annarita Frullini, consigliera dell’ordine di Pescara. “Ai tempi di Ippocrate le donne medico erano costrette a travestirsi da uomini, quando fu scoperto, fu necessario cambiare le regole. Anche oggi chiediamo la stessa cosa”.

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