Categorie: AmbienteSalute

Perché crescere in campagna protegge dalle allergie

Chi cresce in campagna ha meno possibilità di sviluppare l’asma bronchiale e, in generale, allergie. Lo sostiene una ricerca condotta da diversi istituti europei e che è stata pubblicata nei scorsi giorni su Science.

I test hanno preso spunto dalla cosiddetta “ipotesi igienica”, chiamata in causa come possibile origine dell’aumento dei casi di asma e allergie in chi vive nei grandi centri urbani in case “troppo pulite”. I test effettuati su alcuni topi esposti a polvere raccolta all’interno di fattorie hanno mostrato che esiste una relazione tra il contatto con la polvere e l’attivazione di un enzima coinvolto nell’infiammazione, che appare “disattivato” nelle persone asmatiche. Ma cerchiamo di andare più a fondo nella questione.

L’ipotesi igienica suggerisce che il sistema immunitario dei bambini che vivono in case di città abbia smesso di essere “allenato” dal continuo contatto con polvere e lo “sporco” in generale. La conseguenza è che, in caso inalazione di alcune sostanze, l’organismo reagisca in maniera sproporzionata, innescando i processi che portano allo spasmo dei bronchi e quindi alla crisi asmatica.

Questa ipotesi ha ricevuto conferme dai risultati di 20 studi condotti in Europa e che hanno osservato tassi inferiori di asma nei bambini che sono cresciuti in campagna, rispetto ai bambini di città. L’ipotesi è che nell’aria di campagna siano sospese particelle provenienti da funghi e dalla disgregazione della parete cellulare di batteri col rilascio di endotossine. Queste, a contatto con la superficie dei polmoni, innescherebbero un blando e transitorio stato infiammatorio che, in qualche modo, è in grado di evitare il verificarsi di crisi asmatiche.

La prova sperimentale è stata fatta dagli scienziati dell’Università di Ghent soffiando aria contenente endotossine all’interno del naso di esemplari di topo di 6-12 settimane di età, ogni giorno, per 14 giorni. Nei polmoni degli animali così trattati, in un secondo tempo, è stata rilevata una minore concentrazione di citochine, molecole che sono coinvolte, tra le altre cose nello sviluppo dell’infiammazione che scatena l’asma. Inoltre questi animali, rispetto a quelli di controllo, quando esposti agli acari della polvere, spesso causa di asma nelle persone, non sviluppavano sintomi allergici. Scendendo nel dettaglio i ricercatori hanno osservato che un enzima, chiamato A20 e presente nelle cellule epiteliali polmonari, sembra capace di modulare in modo virtuoso la risposta infiammatoria, evitando di arrivare alla reazione esagerata tipica dell’asma. Anche negli esperimenti su cellule umane sane, l’esposizione a endotossine generava meno molecole infiammatorie tipiche delle reazioni allergiche rispetto a quelle prodotte da cellule umane di soggetti asmatici, in cui il livelli di A20 erano anche più bassi. È proprio questo enzima che sembra essere “attivato” dalla polvere nei bambini di campagna a svantaggio di quelli di città, svolgendo un ruolo protettivo nei confronti delle allergie.

I ricercatori credono di aver inserito un altro tassello nel mosaico dell’eziologia dell’asma bronchiale e nell’aumento della sua incidenza. Tuttavia il quadro non è stato ancora composto del tutto. Altri studi condotti in precedenza hanno considerato protettivo nei confronti dell’asma, per esempio, bere latte non processato. La ricerca di cui si parla ora, comunque, suggerisce l’ipotesi che un farmaco in grado di stimolare l’attività dell’enzima A20 potrebbe essere di aiuto alle persone che soffrono di crisi d’asma gravi e frequenti.

Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.aac6623

Credits immagine: Guido Andolfato/Flickr CC

Gianluca Casponi

Meteorologo a tempo perso, insonne a tempo pieno. Potenziale medico. Mancato astronauta. Mancato pilota. Ora giornalista perché così posso fare tutto insieme.

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  • La pulizia piace ma, est modus in rebus, in media stat virtus.
    Da bambino ho avuto la fortuna di abitare a Roma, grande città ma in periferia quindi ai margini di una campagna allora poco contaminata e quasi sulle rive del fiume Aniene. Ero assai turbolento, costantemente con la pelle di braccia e gambe coperta di graffi e ferite che non avevo l'abitudine di disinfettare. Per accelerare la cicatrizzazione, applicavo una piastrina di alluminio. Dopo due giorni con una grossa forbice tagliavo il gesso sulle fratture che lasciavo sull'arto ma che in questo modo cessavano di comprimere ostacolando la circolazione sanguigna e così guarivo con una rapidità sorprendente.

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