Perché Obama e Romney dimenticano il riscaldamento globale?

“Dov’è il riscaldamento globale in questo dibattito?”, si chiede un Al Gore stupefatto su Twitter. E con lui molti altri americani (e non solo) che ieri hanno seguito il terzo e ultimo confronto tra i due candidati alle elezioni Usa del prossimo 6 novembre, il presidente uscente Barak Obama e il rivale repubblicano Mitt Romney. Nessuno dei due infatti ha affrontato, nominato anzi, il tema del riscaldamento globale e del climate change. In questo senso è stato un giorno storico quello di ieri alla Lynn university di Boca Raton in Florida: è stata la prima volta dal 1988 a oggi, come ha rimarcato l’Huffington Post, che nei dibattiti tra i candidati non si parla di clima.

Il tema, infatti, era stato ignorato nei primi due dibattiti e già il silenzio, ribattezzato climate silence (diventato anche un hashtag, #climatesilence), era stato oggetto di pesanti critiche da parte di ambientalisti e media. Tutti però pensavano che nella serata di ieri, dedicata alla politica estera, il riscaldamento globale e le strategie per contrastarlo sarebbero tra gli argomenti più discussi. Stephen Lacey su Climate Progress, subito prima del dibattito, aveva ben riassunto perché non sarebbe dovuto essere possibile ignorare i cambiamenti climatici in un dibattito presidenziale dedicato alla politica estera: “Le relazioni tra gli Stati Uniti e il resto del mondo sono e saranno sempre più condizionate da questioni legate al clima”. “Nella prossima decade, man mano che il pianeta continuerà a riscaldarsi, è probabile che il clima sarà l’oggetto principale e il motore di ogni trattativa e analisi di politica estera”, avvisava Lacey: “Ignorarlo durante la serie di dibattiti di questa elezione sarebbe un grave errore”. 

Eppure così è stato: “Anche se il mondo”, ha scritto sempre Lacey, dopo il dibattito: “ha vissuto 331 mesi consecutivi nei quali le temperature globali hanno superato la media del 20°secolo, anche se gli eventi climatici si fanno sempre più estremi e costosi da affrontare, anche se l’Artide ha visto un tasso di scioglimento senza precedenti, e anche se gli scienziati gridano a gran voce che stiamo arrivando a un punto di non ritorno, i cambiamenti climatici non hanno avuto  spazio nei tre dibattiti presidenziali e in quello tra i due vicepresidenti”.

Gli altri temi caldi non sono mancati all’appello  – la relazione economica con la Cina, la guerra in Afghanistan e Iraq, la situazione dei politici Usa in Libia e in Iran – ma di temperature in crescita, disastri naturali, ghiacciai che si sciolgono e mari che si innalzano, nessuna traccia.

La responsabilità non è solo dei candidati ma anche del moderatore, Bob Schieffer della Cbs News, che (come  aveva fatto Candy Crowley la scorsa settimana durante il dibattito incentrato sull’economia) non ha ritenuto importante includere l’argomento tra le sue domande. Lo ha sottolineato in un’email all’HuffPost Michael Mann, famoso fisico e climatologo e direttore dell’Earth System Center della Penn State University: “Non c’è molto da dire. Bob Schieffer ha ovviamente deciso di non affrontare l’argomento. Ed è molto male. Il climate change potrebbe essere la più grande sfida che ci troveremo ad affrontare nei prossimi dieci anni, e il silenzio su questo argomento nel corso di ben quattro dibattiti (compreso quello tra i candidati alla vicepresidenza) è un disservizio nei confronti del paese”.

Considerando che il vice di Mitt Romney, Paul Ryan, è uno scettico del riscaldamento globale, è più che possibile che il silenzio rispecchi una scarsa considerazione del problema. Non è detto, invece, che il silenzio da parte di Obama sia necessariamente sinonimo di inazione o disinteresse . Rispetto a presidenti che ne hanno parlato fin troppo durante i loro dibattiti presidenziali, infatti, come sottolinea Michael Grunwald nel suo pur critico blog sul Time, Barak Obama è tra quanti hanno agito in maniera più efficace e profonda per contrastare i cambiamenti climatici. Grunwald sottolinea in maniera particolare l’impatto delle nuove regole che obbligano l’ industria automobilistica a creare motori in grado di bruciare il combustibile in maniera più efficiente, il New new deal rappresentato dagli incentivi alla green economy, la smart grid e il sostegno alle auto elettriche. Tutte iniziative fortemente contrastate dai Repubblicani, spiega Grunwald, che sono riusciti a impedire al Presidente di portare a termine anche altre azioni come eliminare le scappatoie fiscali di cui beneficia l’ industria del petrolio

Tutti questi inoltre, sono investimenti, riconosciuti anche dal Washington Post e dal New York Times, che l’amministrazione Obama vorrebbe rinnovare: “I miei piani sono di mantenere questi investimenti, e continueremo a ridurre l’inquinamento da carbonio che contribuisce al riscaldamento del pianeta, perché il climate change non è un scherzo”, ha dichiarato Barak Obama durante una visita a Mount Vernon in Iowa la scorsa settimana. “ La siccità, le alluvioni, gli incendi a cui stiamo assistendo, non sono un gioco. Sono una minaccia al futuro dei nostri figli e noi possiamo fare qualcosa per contrastarli. Sono parte della posta in gioco in questa elezione”.

Nel video il cambiamento climatico nei dibattiti presidenziali dal 1988 a oggi.

Via: Wired.it

Credits immagine: Cain and Todd Benson/Flickr

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