Pesci “mangia” CO2

I pesci hanno praticamente il controllo dell’acidità degli oceani, perché sono i principali “trasformatori” dell’anidride carbonica che dall’atmosfera finisce in mare. Questo loro ruolo di regolatori è stato finora largamente sottostimato. Lo dicono i ricercatori delle università di Exeter (Gb), di Miami (Usa) e di Ottawa (Canada) che hanno rifatto i conti in uno studio apparso su Science.

La maggior parte dell’anidride carbonica (CO2) liberata in eccesso nell’atmosfera finisce disciolta negli oceani e ne aumenta l’acidità (ne abbassa cioè il pH). Gli ecosistemi possono però  tamponare i suoi effetti nocivi: alcuni organismi (come il plankton) sono infatti in grado di “catturarla” e utilizzarla per formare molecole di carbonato di calcio (CaCO3). Ma anche i pesci ossei (ovvero quasi tutti eccetto razze e squali) fabbricano carbonato di calcio: la trasformazione avviene nel loro intestino e il carbonato è poi rilasciato con le feci, per finire sul fondale.

Attraverso programmi di simulazione al computer e utilizzando i database sui censimenti marini, i ricercatori hanno stimato che nei mari ci sono tra gli 812 e i 2.050 milioni di tonnellate di pesci ossei. In seguito è stato misurato in laboratorio quanto carbonato di calcio viene prodotto dai pesci mediante il loro metabolismo. Combinando i dati delle simulazioni con quelli sperimentali, gli studiosi hanno concluso che i pesci ossei producono almeno 110 milioni di tonnellate di carbonato di calcio all’anno, corrispondente al 15 per cento del totale presente nei mari. E la stima potrebbe essere ancora molto inferiore alla realtà.

“Fino ad oggi si riteneva che quasi tutto il carbonato di calcio presente nei mari derivasse dallo scheletro del plankton”, spiega il coordinatore della ricerca Rod Wilson “ma in realtà non è così: abbiamo dimostrato che i pesci ossei, che costituiscono il 90 per cento dei pesci marini, sono importantissimi nel convertire attivamente l’anidride carbonica tossica in un carbonato di calcio inerte, bilanciando il pH marino ed impedendo la degenerazione di ecosistemi importanti come le barriere coralline”. (i.n.)

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