Il pianeta gassoso impossibile: inspiegabile secondo gli attuali modelli planetari

pianeta gassoso
Credit: progetto Carmenes

Un grande pianeta gassoso non dovrebbe orbitare intorno a stelle piccole e fredde. Ma GJ 5312b sfida il modello più accreditato di formazione planetaria e ci orbita lo stesso. Lo hanno scoperto a 30 anni luce da noi i ricercatori del progetto Carmenes, un consorzio internazionale dedicato alla ricerca di esopianeti, di cui fa parte anche l’italiano Luigi Mancini, astrofisico all’università di Roma Tor Vergata. Il pianeta (simile a Giove ma con la metà della massa) percorre un’orbita fortemente eccentrica intorno a una stella con una massa pari a un decimo di quella del Sole. Una coppia insolita, difficile da spiegare con il modello attuale. Ma anche se la teoria dice il contrario, GJ 5312b esiste e ha rimesso in discussione le nostre conoscenze sui pianeti extrasolari. Lo studio è stato pubblicato su Science.

Stelle difficili da studiare

“Si tratta di un gigante gassoso con un periodo orbitale di 200 giorni – racconta Mancini – un tipo di pianeta che già conoscevamo, ma la sua peculiarità è quella di orbitare intorno a una stella di classe spettrale M, più piccola e fredda rispetto, ad esempio, al nostro Sole”. Questi sistemi stellari sono ancora poco conosciuti perché studiarli rappresenta una sfida per gli astronomi: “Le stelle di classe M sono piccole e poco luminose e hanno un campo gravitazionale debole – spiega Mancini – quasi tutte le tecniche che usiamo per osservare pianeti in maniera indiretta non funzionano bene in queste condizioni”.

Se la stella è abbastanza vicina e brillante, infatti, diventa più facile rilevare un eventuale esopianeta che le orbiti intorno, perché il suo transito provoca una variazione nella luminosità o nel campo gravitazionale della stella. Ma GJ 5312b si trova a una distanza considerevole dal suo astro, che peraltro è una nana rossa, una stella particolarmente piccola e relativamente fredda. “Per individuare pianeti così distanti abbiamo bisogno di raccogliere molti dati e per molto tempo – dice Mancini – perché dobbiamo utilizzare un altro metodo: le stelle si allontanano o avvicinano rispetto alla Terra con una certa velocità radiale, che possiamo misurare, e se osserviamo una variazione periodica di questa velocità può voler dire che c’è un pianeta che le orbita intorno”. Così è stato scoperto GJ 5312b, dopo 4 anni di osservazioni. E probabilmente non è solo: i dati, per ora, suggeriscono la presenza almeno di un altro pianeta, GJ 3512c, con un periodo orbitale ancora più lungo, di 1000 giorni. Ma per la conferma bisognerà attendere almeno un paio di anni.

Il pianeta gassoso che non dovrebbe esistere

Nel frattempo, l’orbita fortemente eccentrica di GJ 5312b, la massa pari a circa la metà quella di Giove e la composizione gassosa hanno incuriosito i ricercatori, perché un pianeta del genere, intorno a una stella di quel tipo, non dovrebbe esistere. Almeno secondo il modello più accreditato di formazione planetaria. “Si chiama modello di “core accretion” e prevede la formazione di un nucleo massiccio, di tipo roccioso, a partire da una nube di gas e polvere interstellare chiamata disco protoplanetario. Grazie al proprio campo gravitazionale, il nucleo accumula altro gas, generando prima un planetesimo e poi un pianeta vero e proprio”, spiega Mancini. Questa teoria, però, non giustifica la presenza di pianeti gassosi così grandi intorno a stelle molto piccole e distanti, perché non rimarrebbe massa a sufficienza per la loro formazione.

Due meccanismi per la nascita dei pianeti

“Questa scoperta suggerisce che esistono almeno due possibili meccanismi di formazione planetaria – commenta Mancini – entrambi spiegano solo la formazione di alcuni tipi di pianeta, ma non di altri”. Per quanto riguarda GJ 5312b, il modello più efficace sembra essere quello di “disk instability”: “A causa dell’instabilità gravitazionale, grosse quantità di gas presenti nel disco protoplanetario collassano e formano pianeti giganti, senza che ci sia prima la formazione del nucleo roccioso”, spiega Mancini.

Si aprono allora nuove prospettive nella ricerca sugli esopianeti. “La teoria della formazione planetaria non è ancora ben stabilita – conclude Mancini – è una scienza abbastanza giovane. Ma adesso iniziamo a raccogliere abbastanza dati per rilevare anche i pianeti più distanti. Sicuramente ci saranno delle novità: nei prossimi anni, potremmo scoprire nuovi sistemi planetari con architetture interessanti”.

Riferimenti: Science

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