Categorie: Società

Piccoli e depressi

Un tempo si pensava che la depressione colpisse soltanto gli adulti e gli adolescenti. Dagli anni Settanta, invece, gli esperti sono concordi nel riconoscere che questo tipo di sofferenza psichica può riguardare anche i bambini. Si valuta che la depressione colpisca il 10% degli adolescenti e il 3% dei bambini tra i 6 e i 12 anni, indipendentemente dal sesso.

Un bambino troppo chiuso, troppo serio e tranquillo, con un’espressione vagamente assente, potrebbe essere un bambino depresso. Ma anche dietro un atteggiamento irritabile, agitato, insoddisfatto e oppositivo, può nascondersi uno stato di intensa tristezza. Tra i segni principali della depressione infantile vi sono certe espressioni ricorrenti – “non mi va di fare niente”, “faccio soltanto errori”, “sono cattivo”, “nessuno mi vuole bene” – che dimostrano una perdita di interesse, svalorizzazione di sé, sensi di impotenza, di colpa o di vergogna; Altri segnali di depressione possono essere dei ricorrenti commenti negativi nei confronti dei propri disegni, una sensibilità eccessiva ai giocattoli rotti, che si esprime in tristezze o in prolungati malumori, una difficoltà a concentrarsi nelle attività scolastiche.

Un bambino di uno o due anni che non piange mai, che ha una mimica molto ridotta, che risponde poco alle sollecitazioni e che inoltre presenta dei disturbi dell’alimentazione, del sonno e della crescita è, con molta probabilità, un bambino depresso.

Da parte loro, gli adulti possono notare che il bambino ”è cambiato”, che “non è mai contento”. Può così instaurarsi un circolo vizioso tra il bambino e l’ambiente familiare e scolastico dove i comportamenti punitivi e coercitivi degli adulti hanno sempre l’effetto di aggravare la situazione. Sono invece di aiuto la coesione familiare e i buoni rapporti con i genitori.

E tuttavia bisogna stare attenti a non confondere degli stati depressivi passeggeri, che corrispondono a delle fasi di riassestamento interno collegate alla crescita o a delle reazioni ad avvenimenti spiacevoli (come l’allontanamento della madre) da un disturbo che invece perdura e che, nel tempo, può dare luogo ad una strutturazione nevrotica della personalità.

Molta attenzione bisogna prestare agli interventi terapeutici e alle facili generalizzazioni. Se da un lato è utile comprendere lo stato emotivo del bambino depresso, dall’altro bisogna però evitare un attivismo terapeutico sconsiderato. L’uso degli antidepressivi in tenera età è sconsigliabile per non indurre degli stati di dipendenza, ed anche per la difficoltà di stabilire dei dosaggi adatti. E’ invece più produttivo un supporto psicologico, da parte di un esperto, rivolto al bambino e/o ai suoi genitori.

La terapia familiare è particolarmente indicata quando i genitori, più provati del bambino stesso, reagiscono male alle difficoltà che incontrano.

E’ bene infine sapere che non esiste una semplice equazione che leghi la depressione in età adulta ai disturbi depressivi dell’infanzia.

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