Pillola di terza generazione, quanti rischi

La pillola compie quarant’anni e fa ancora discutere. Al centro del dibattito c’è la questione degli effetti collaterali, primo fra tutti il rischio di trombosi venosa. Secondo uno studio apparso sul British Medical Journal (BMJ 2001; 323: 119-120) del 21 luglio scorso, il rischio sarebbe di 1,7 volte maggiore nelle donne che usano la pillola di terza generazione rispetto a coloro che assumono i preparati di seconda generazione. Il rischio aumenterebbe nelle donne giovani che iniziano un trattamento contraccettivo. Lo studio, messo a punto dal Julius Centre for General Practice Oriented Research di Utrecht, non è una ricerca sperimentale, ma un’analisi critica degli studi che dal 1995 a oggi si sono occupati dell’argomento confrontando i progestinici di seconda e terza generazione: le pillole a base di levonorgestrel e i contraccettivi più recenti (a base di desostregel o gestodene) che vantano un dosaggio ormonale inferiore. Lo studio, oltre a confermare l’esistenza di un rischio maggiore di trombosi nelle donne che usano i preparati più recenti, riesce a evidenziare che questo rischio è ancora più alto nelle giovani donne che iniziano il trattamento contraccettivo.

Nell’editoriale che accompagna questa analisi, l’autore nota come, a partire dal 1995, il dibattito si è fossilizzato sull’opportunità di prescrivere o no la pillola anticoncezionale. Fatto ancora più singolare “da quando è iniziato”, scrive Jeanet M Kemmeren, prima firmataria dell’articolo, “i partecipanti principali sono stati epidemiologi e farmacologi mentre ci sono stati pochi spunti da parte dei medici che prescrivono i contraccettivi orali o da parte delle donne che li usano”. A questo proposito vengono ricordati i tre studi che nel 1995 evidenziarono i rischi per la salute delle donne e l’effetto che ebbe sulle giovani donne l’allarmistica pubblicità che ne fece il Governo inglese. Nell’ottobre di quell’anno l’annuncio che le pillole di nuova generazione raddoppiavano il rischio di trombosi rispetto a quelle a base di levonorgestrel provocò, nei primi tre mesi del 1996, un aumento del 16 per cento degli aborti, ovvero 6.198 interruzioni di gravidanza in più rispetto ai tre mesi precedenti. Stando ai dati dell’Ufficio nazionale di statistica inglese, la stessa tendenza è continuata lentamente fino al 1998. Negli anni successivi ben 16 studi si cimentarono sullo stesso argomento, tra questi tre non avevano notato differenze, gli altri 13 (quelli considerati nell’analisi) conclusero che il rischio oscillava da 1, 4 a 4 volte.

E’ difficile comunque stabilire una percentuale di rischio valida per tutti. Secondo il British National Formulary il rischio di trombosi tra le giovani che non prendono la pillola è di 5 su 100 mila perone ogni anno, di 15 tra coloro che usano la pillola di seconda generazione e di 25 per coloro che usano il contraccettivo più recente. La trombosi causa in media due morti su un milione di donne che usano la pillola. Quest’ultimo dato è però di gran lunga inferiore a quello diffuso da uno studio neozelandese: il tasso di mortalità per trombosi sarebbe del 10,5 su un milione di donne. Secondo altre ricerche il rischio varia da 2 a 6 sul milione. L’editoriale conclude considerando che “mentre si discute se il rischio sia di uno o dieci su un milione, dovremo ricordare che nel mondo il rischio di morte associato alla gravidanza è almeno di cento volte superiore a questo”. Soprattutto nei paesi in via di sviluppoLa pillola compie quarant’anni e fa ancora discutere. Al centro del dibattito c’è la questione degli effetti collaterali, primo fra tutti il rischio di trombosi venosa. Secondo uno studio apparso sul British Medical Journal (BMJ 2001; 323: 119-120) del 21 luglio scorso, il rischio sarebbe di 1,7 volte maggiore nelle donne che usano la pillola di terza generazione rispetto a coloro che assumono i preparati di seconda generazione. Il rischio aumenterebbe nelle donne giovani che iniziano un trattamento contraccettivo. Lo studio, messo a punto dal Julius Centre for General Practice Oriented Research di Utrecht, non è una ricerca sperimentale, ma un’analisi critica degli studi che dal 1995 a oggi si sono occupati dell’argomento confrontando i progestinici di seconda e terza generazione: le pillole a base di levonorgestrel e i contraccettivi più recenti (a base di desostregel o gestodene) che vantano un dosaggio ormonale inferiore. Lo studio, oltre a confermare l’esistenza di un rischio maggiore di trombosi nelle donne che usano i preparati più recenti, riesce a evidenziare che questo rischio è ancora più alto nelle giovani donne che iniziano il trattamento contraccettivo.

Nell’editoriale che accompagna questa analisi, l’autore nota come, a partire dal 1995, il dibattito si è fossilizzato sull’opportunità di prescrivere o no la pillola anticoncezionale. Fatto ancora più singolare “da quando è iniziato”, scrive Jeanet M Kemmeren, prima firmataria dell’articolo, “i partecipanti principali sono stati epidemiologi e farmacologi mentre ci sono stati pochi spunti da parte dei medici che prescrivono i contraccettivi orali o da parte delle donne che li usano”. A questo proposito vengono ricordati i tre studi che nel 1995 evidenziarono i rischi per la salute delle donne e l’effetto che ebbe sulle giovani donne l’allarmistica pubblicità che ne fece il Governo inglese. Nell’ottobre di quell’anno l’annuncio che le pillole di nuova generazione raddoppiavano il rischio di trombosi rispetto a quelle a base di levonorgestrel provocò, nei primi tre mesi del 1996, un aumento del 16 per cento degli aborti, ovvero 6.198 interruzioni di gravidanza in più rispetto ai tre mesi precedenti. Stando ai dati dell’Ufficio nazionale di statistica inglese, la stessa tendenza è continuata lentamente fino al 1998. Negli anni successivi ben 16 studi si cimentarono sullo stesso argomento, tra questi tre non avevano notato differenze, gli altri 13 (quelli considerati nell’analisi) conclusero che il rischio oscillava da 1, 4 a 4 volte.

E’ difficile comunque stabilire una percentuale di rischio valida per tutti. Secondo il British National Formulary il rischio di trombosi tra le giovani che non prendono la pillola è di 5 su 100 mila perone ogni anno, di 15 tra coloro che usano la pillola di seconda generazione e di 25 per coloro che usano il contraccettivo più recente. La trombosi causa in media due morti su un milione di donne che usano la pillola. Quest’ultimo dato è però di gran lunga inferiore a quello diffuso da uno studio neozelandese: il tasso di mortalità per trombosi sarebbe del 10,5 su un milione di donne. Secondo altre ricerche il rischio varia da 2 a 6 sul milione. L’editoriale conclude considerando che “mentre si discute se il rischio sia di uno o dieci su un milione, dovremo ricordare che nel mondo il rischio di morte associato alla gravidanza è almeno di cento volte superiore a questo”. Soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

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