La polmonite in Cina è un mix di infezioni respiratorie note

Dopo l’allarme dei giorni scorsi, gli esperti rassicurano: al momento si esclude l’ipotesi di un nuovo agente patogeno. La misteriosa polmonite che sta causando diversi focolai in Cina, infatti, non sarebbe altro che un mix di patogeni che causano malattie infettive già conosciute. Ad affermarlo sono gli esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in un rapporto secondo cui appunto la Cina starebbe vivendo un forte ritorno di infezioni respiratorie comuni, che erano state attenuate con le misure restrittive adottate durante la pandemia del nuovo coronavirus.

La polmonite non diagnosticata

La settimana scorsa, come vi abbiamo già raccontato, il sistema di sorveglianza ProMed aveva fatto scattare un allarme per l’aumento di focolai nelle aree settentrionali della Cina di una misteriosa polmonite. Nella nota diffusa dal sistema si parlava di una “polmonite non diagnosticata” soprattutto nei bambini, caratterizzata da febbre alta, noduli nei polmoni, ma senza altri sintomi, come la tosse, che stava mettendo nuovamente a dura prova il sistema sanitario cinese. Informazioni che hanno così suscitato la preoccupazione dell’Oms che nei giorni successivi ha richiesto ufficialmente alla Cina ulteriori dati sull’aumento di queste infezioni respiratorie nei bambini.

L’effetto collaterale della pandemia

Secondo gli esperti, tuttavia, si tratta di un effetto collaterale della pandemia. Il fenomeno, più precisamente, sarebbe riconducibile al fatto che le misure restrittive per contenere il nuovo coronavirus hanno anche interrotto i normali cicli di molti altri patogeni, eliminando così le infezioni respiratorie stagionali, come l’influenza e il virus respiratorio sinciziale (Rsv). Ad esempio, diversi paesi europei hanno sperimentato gli stessi picchi negli ultimi due anni, quando appunto le restrizioni sono state abolite e hanno reso di conseguenza le persone più vulnerabili.

L’abolizione delle restrizioni

La Cina ha revocato la sua politica Zero Covid solo alla fine del 2022. Pertanto, questo è il primo anno in cui il Paese entra nella classica stagione di trasmissione delle malattie respiratorie senza restrizioni. “Questo fenomeno di ondate di infezioni respiratorie viene talvolta definito ‘debito di immunità’”, ha spiegato in una dichiarazione Francois Balloux, direttore del Genetics Institute dell’University College di Londra. “Poiché la Cina ha vissuto un lockdown molto più lungo e più duro rispetto a qualsiasi altro Paese, si prevedeva già che queste ondate avrebbero potuto essere più intense. A meno che non emergano nuove prove, non c’è motivo di sospettare l’emergere di un nuovo agente patogeno”.

Le risposte della Cina

Il 23 novembre scorso l’Oms ha tenuto una teleconferenza con diverse autorità sanitarie cinesi che hanno presentato i dati richiesti. Nel rapporto conclusivo, gli esperti hanno affermato che i dati indicano “un aumento delle visite ambulatoriali e dei ricoveri ospedalieri di bambini a causa di polmonite da Mycoplasma pneumoniae da maggio, e Rsv, adenovirus e virus dell’influenza da ottobre”. Inoltre, i funzionari cinesi hanno riferito che, sebbene non siano stati rilevati agenti patogeni nuovi, si è comunque verificato un aumento generale delle infezioni da più agenti patogeni già conosciuti. Hanno anche affermato che gli ospedali sono più affollati del normale, ma che la disponibilità dei posti letto e delle unità di terapia intensiva è ancora inferiore alla capacità massima.

Tra i molteplici quesiti posti alla Cina, “abbiamo chiesto specificamente informazioni sui focolai: vedete un cluster di polmoniti non diagnosticate?”, ha spiegato in un’intervista a Stat News Maria Van Kerkhove, esperta dell’Oms. “Hanno detto di no. Ci hanno fornito le percentuali di ciò che è dovuto a influenza, rinovirus, adenovirus, Mycoplasma pneumoniae. Abbiamo chiesto dei confronti prima della pandemia. E per quanto riguarda le ondate che stanno registrando ora, il picco non è così alto come quello visto nel 2018-2019”. Fondamentalmente, conclude l’esperta, “quel segnale che stavamo cercando di verificare, in realtà, è solo un’indicazione di un aumento complessivo della trasmissione in tutto il Paese”.

Via: Wired.it

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