Potremmo imparare a controllare i pensieri negativi, così

pensieri negativi
(Foto: Ümit Bulut on Unsplash)

Un tarlo che irrompe nella nostra mente, un tormento costante, un brutto ricordo che non ci lascia: tutti siamo vittime dei pensieri negativi e indesiderati, che a volte possono diventare ricorrenti e assillanti. Gestirli non è facile, ma un recente studio condotto dai ricercatori dell’università di Gerusalemme, in Israele, ha fatto luce su un nuovo approccio sul controllo dei pensieri negativi, che consentirebbe alla nostra mente di evitare di cadere nei circuiti che li alimentano e li fanno ripetere. I risultati, trovati grazie all’analisi computazionale delle risposte e delle reazioni degli ottanta volontari che hanno partecipato allo studio, sono stati pubblicati sulla rivista Plos Computational Biology.

Riuscire a controllare i pensieri

A volte basta davvero poco per scatenare un pensiero negativo: un piccolo segnale, come una canzone, un odore, un oggetto, può evocare nel nostro cervello riflessioni o ricordi indesiderati, legati a cose a cui potremmo non voler pensare e che si presentano in maniera ripetuta. Ognuno ha i propri metodi per evitare che questi pensieri invadano la nostra mente, ma generalmente le persone riferiscono di utilizzare strategie che si basano sulla soppressione del pensiero stesso e sulla distrazione, in un processo che viene detto di controllo reattivo. Per essere più chiari, quando il pensiero invadente si affaccia alla mente, lo si cerca di eliminare cercando semplicemente di focalizzarsi su altro: questo però si verifica solo dopo che il pensiero indesiderato ci ha già disturbato e non sempre riesce a essere efficace. 

Altri studi hanno suggerito che il nostro cervello potrebbe impedire a un pensiero di raggiungere la nostra mente prima ancora di realizzarlo in maniera cosciente e quindi prima di compiere lo sforzo di distrarci da esso: questo processo si chiama controllo proattivo. Tuttavia, i meccanismi alla base del controllo dei pensieri sono ancora poco chiari e necessitano di essere ulteriormente indagati: è possibile, infatti, trovare un modo che eviti che pensieri o ricordi indesiderati vengano alla mente proprio quando si incontrano i segnali che li attiverebbero? E allo stesso tempo, quando si cerca di distrarsi in maniera reattiva dai pensieri negativi, c’è un meccanismo che possa garantire che lo stesso ricordo indesiderato non continui a riaffiorare più e più volte

È quanto si sono chiesti gli autori dello studio, considerando che indagare questi complessi aspetti del funzionamento del pensiero ha implicazioni importanti per comprendere i modi in cui evitiamo la costante interferenza da parte di pensieri indesiderati e perché alcune persone sperimentano pensieri più invadenti e ripetitivi rispetto ad altre. Per avere un punto di partenza meno complesso, i ricercatori si sono concentrati sui meccanismi del pensiero durante le libere associazioni di parole.

I pensieri negativi si possono auto-rafforzare

In particolare, infatti, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti dello studio di inventare nuove associazioni con sessanta parole che venivano visualizzate singolarmente e in maniera casuale su uno schermo. Per esempio, alla parola “tavolo” potevano essere associate le parole “sedia”, “banco”, “mangiare”, “tovaglia”. Nel corso dell’esperimento, ogni parola veniva presentata per cinque volte. A un gruppo di partecipanti è stato comunicato che essi avrebbero ricevuto una ricompensa in denaro solo se non avessero ripetuto le associazioni già fatte: se la prima volta alla parola “tavolo” rispondevano “sedia”, dalla seconda volta in poi non avrebbero potuto ripetere la parola “sedia”, ma fare una nuova associazione di parole. In parole povere, la parola da non pronunciare diventava un pensiero indesiderato da evitare

I ricercatori poi hanno utilizzato un modello computazionale per analizzare i tempi di reazione e le risposte dei partecipanti: dai dati raccolti è emerso che le persone che cercavano di evitare la ripetizione utilizzavano soprattutto un controllo reattivo, pensando alle parole usate in precedenza e poi rifiutandole mentalmente (il rifiuto e la sostituzione delle associazioni ripetute indesiderate comporta tempi di risposta più lenti, che potevano essere facilmente registrati dagli autori dello studio).

“Questo tipo di controllo reattivo può essere particolarmente problematico”, hanno affermato i ricercatori. “Come suggeriscono i nostri risultati, i pensieri si auto-rafforzano: pensare a un pensiero aumenta la sua forza di memoria e la probabilità che si ripeta”. “

Aprire la strada a ricerche future

Ma quello reattivo non sembrava essere l’unica forma di controllo a essere utilizzato: gli autori hanno aumentato l’analisi dei tempi di risposta con un nuovo modello computazionale, in modo da verificare se durante l’esperimento si fosse verificato qualche altro tipo di controllo dei pensieri, trovando prove di un meccanismo di controllo proattivo e ben due meccanismi di controllo proattivo latenti, indotti proprio dal rifiuto reattivo. Le persone che avevano l’intenzione di ricevere la ricompensa (e che quindi dovevano stare attente alle associazioni di parole da fare), infatti, riuscivano a non pensare alle parole indesiderate con un certo successo, a evitare di ripeterle e di rimanere intrappolate in un loop di pensieri indesiderati

“Sebbene le persone non possano evitare i pensieri indesiderati, potrebbero però assicurarsi che pensare a un pensiero indesiderato non aumenti la probabilità che venga in mente di nuovo”, afferma Isaac Fradkin, uno degli autori dello studio. 

Questo studio non offre applicazioni pratiche sul controllo proattivo, ma suggerisce che controllare i pensieri indesiderati sarebbe possibile, se fatto in maniera intenzionale. Ma non è finita qui. “Mentre lo studio attuale si è concentrato sulle associazioni neutre, gli studi futuri dovrebbero determinare se i nostri risultati si generalizzano a pensieri indesiderati negativi e personalmente rilevanti”, aggiunge Fradkin. Questo nuovo approccio, infatti, potrebbe contribuire a far luce su come le persone riescono a controllare i loro pensieri e ricordi (e perché alcune sembra che lo facciano meglio delle altre), spianando la strada a future ricerche sui meccanismi responsabili del pensiero indesiderato in diverse condizioni psichiatriche

Via: Wired.it

Credits immagine: Ümit Bulut on Unsplash