Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) nel mondo un bambino ogni 160 riceve la diagnosi di disturbo dello spettro autistico (Ads). Se poi il bambino è ad alto rischio, cioè ha un fratello maggiore affetto, avrà 1 probabilità su 5 di sviluppare una sindrome autistica a sua volta.
Per le conoscenze attuali non è possibile diagnosticare l’autismo prima del secondo anno di vita, quando nel bambino cominciano a manifestarsi le prime anomalie comportamentali, come il mancato contatto visivo. Nella maggior parte dei casi, infatti, non è possibile rintracciare una causa genetica univoca né finora erano stati identificati biomarcatori in grado di predire lo sviluppo di un disturbo autistico dei primissimi mesi di vita.
Per questo motivo il team di ricerca di Joseph Piven, psichiatra alla Ucn e autore dello studio, lavora sulle immagini del cervello di bambini ad alto rischio fin dagli anni ’90.
Già in passato gli scienziati avevano notato come il cervello dei bambini affetti da autismo fosse più grande rispetto a quello degli altri bambini nella medesima fase dello sviluppo. Tuttavia non erano riusciti a identificare quando questa crescita anomala avesse inizio.
In particolare le risonanze magnetiche hanno evidenziato una maggiore crescita del cervello tra i 12 e i 24 mesi in 15 bambini ad alto rischio, che poi hanno avuto la diagnosi durante il loro secondo anno di vita. L’anomalia nello sviluppo cerebrale in questo caso, però, andava di pari passo con i primissimi segni comportamentali di autismo.
I ricercatori sono stati in grado di evidenziare anche altri cambiamenti cerebrali più precoci, tra i 6 e i 12 mesi di vita, quando nessun segno clinico di malattia era ancora comparso: la superficie corticale del cervello è cresciuta più velocemente nei bambini poi rivelatisi autistici rispetto agli altri.
Secondo Piven questo potrebbe avere delle “importantissime ripercussioni cliniche”.
La prudenza comunque è d’obbligo. Come sottolineato dagli stessi autori, questo studio necessita di ulteriori conferme su gruppi più ampi di bambini, anche per verificare se sia possibile applicare la stessa procedura per predire l’autismo nella popolazione in generale, non solo nei casi in cui il rischio è maggiore.
Via: Wired.it