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Prevedere l’ansia prima che si manifesti, possibile?

Gli eventi stressanti sono purtroppo parte integrante della vita di ciascuno di noi. Non tutti però riusciamo ad affrontarli alla stessa maniera. La perdita di una persona cara o un altro evento infausto possono infatti portare allo sviluppo di disturbi d’ansia, depressione o altri problemi psichiatrici. Oggi sappiamo che è possibile predire il manifestarsi di questi disturbi monitorando l’attività elettrica dell’amigdala, una struttura cerebrale sottocorticale legata alla percezione ed espressione delle emozioni. La scoperta, frutto del lavoro dei ricercatori della Duke University e pubblicata sulla rivista Neuron, potrebbe consentire di individuare le persone a rischio e mettere in atto terapie preventive.

Lo studio è stato condotto su 340 adulti sani, seguiti per quattro anni. I ricercatori hanno inizialmente misurato tramite risonanza magnetica funzionale l’intensità dell’attività dell’amigdala mentre i soggetti guardano volti arrabbiati o impauriti. In seguito hanno chiesto loro di compilare ogni tre mesi test online per tener traccia del verificarsi di eventi traumatici e un questionario che valuta ansia e depressione. L’intensità dell’attività cerebrale dell’amigdala è risultata correlata all’importanza dei sintomi legati all’ansia e alla depressione. Ovvero più reattiva era l’amigdala agli inizi dello studio più gravi erano i sintomi di ansia e depressione in risposta ad eventi traumatici verificatesi dopo la scansione iniziale (fino a quattro anni dopo).

Ricerche precedenti avevano messo in luce il legame tra le differenze individuali nell’intensità dell’attività cerebrale e la capacità di gestire gli eventi traumatici, ma erano state condotte su pochi soggetti sperimentali e solo su persone a rischio, come i reduci di guerra. Il nuovo studio, invece, evidenzia come l’attività di una struttura profonda del cervello possa predire il manifestarsi di disturbi mentali anche nella popolazione generale. “Scoprire che una singola misura dell’attività cerebrale può dirci qualcosa riguardo la vulnerabilità psicologica delle persone allo stress anche a distanza di quattro anni è davvero sorprendente”, afferma Ahmad Hariri, autore dello studio.

I ricercatori sperano che la loro ricerca possa essere utile per prevenire i disturbi mentali conseguenti a eventi traumatici. “Con un marcatore cerebrale possiamo in teoria indirizzare le persone a richiedere trattamenti prima che il disturbo si manifesti”, sostiene Johnna Swartz, prima autrice della ricerca. Lo stesso gruppo di ricerca sta inoltre studiando la possibilità di trovare marcatori genetici che predicano le differenze individuali nella reattività dell’amigdala, in modo da poter effettuare esami per individuare le persone a rischio meno costosi della Risonanza Magnetica.

Riferimenti: Neuron DOI: 10.1016/j.neuron.2014.12.055

Credits immagine: Hariri lab, Duke University

 

 

Giulia Carosi

Dopo una laurea in Psicologia conseguita alla Sapienza Università di Roma abbandona l’idea di fare la ricercatrice per studiare un po’ di tutto e non tutto su poco. Si iscrive al Master in Comunicazione della Scienza della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste per imparare a raccontarlo.

 

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