Previsioni a lunga scadenza

Incertezza. Un termine spesso associato alle previsioni meteorologiche, soprattutto nel caso siano superiori a un paio di giorni. Se poi ci si spinge oltre il limite dei dieci giorni, l’incertezza si trasforma in imprevedibilità. Un tentativo di aprire una breccia in questo muro viene presentato in un articolo pubblicato su Science, a firma di un gruppo di scienziati anglo-statunitensi della Northweast Research Associates di Bellevue (Usa), della Colorado State University (Usa) e dell’Università di Reading (Gb). Invece che concentrare l’attenzione, come in gran parte degli studi meteorologici, sulla troposfera, cioè la parte più bassa dell’atmosfera che circonda il nostro pianeta (fino ai 15 chilometri dalla superficie terrestre), Mark P. Baldwin e colleghi hanno “alzato lo sguardo”, esaminando i dati provenienti dalla stratosfera. “Gli autori della ricerca”, spiega Luca Mercalli, presidente della Società italiana di meteorologia, “hanno rilevato delle anomalie nella circolazione dell’aria nella parte più bassa della stratosfera, dove i flussi delle correnti dominanti sono più definiti e generano effetti rilevabili nella troposfera. Così facendo hanno scoperto un “predittore stabile”, ovvero uno strumento che potrebbe consentirci di formulare previsioni oltre i dieci giorni”. L’analisi della circolazione dell’aria nella bassa stratosfera consente infatti di prevedere l’evoluzione della cosiddetta “oscillazione artica”, il meccanismo alla base di molti fenomeni meteorologici durante il periodo invernale: precipitazioni, tempeste e le correnti a getto d’aria fredda.“Non è certo la scoperta che rivoluzionerà la meteorologia”, precisa Mercalli, “ma metodologicamente si tratta di un’acquisizione importante. Il dato più rilevante, a mio parere, è il fatto che ricerche come questa sono il frutto dell’informatizzazione delle banche dati e della possibilità per tutti i ricercatori di accedervi: dopotutto sono diverse decine d’anni che mandiamo palloni nella stratosfera per compiere rilevazioni, ma solo negli ultimi tempi i dati sono divenuti disponibili in maniera diffusa”.“Queste previsioni hanno comunque valore statistico”, sottolinea Vincenzo Ferrara, climatologo dell’Enea, “non deterministico, ovvero non possono dirci con sicurezza come saranno le condizioni atmosferiche a dieci e più giorni di distanza. Questo perché la ricerca si concentra sull’atmosfera, senza tenere conto dello scambio energetico con gli oceani e gli altri fattori ambientali come le catene montuose, che sul lungo periodo rende particolarmente complesso formulare previsioni”. Proprio la temperatura di superficie degli oceani, negli ultimi anni, è divenuta un fattore importante per migliorare le previsioni meteorologiche. “È una conseguenza degli studi approfonditi su El Niño (il “disturbo” dell’atmosfera nella zona tropicale dell’oceano Pacifico che causa eventi meteorologici estremi ndr.)”, continua Ferrara: “Le variazioni di temperatura nell’oceano Pacifico avvengono con molta gradualità. Abbiamo così la possibilità di sapere con mesi di anticipo come evolveranno le condizioni atmosferiche. Il Mediterraneo è invece un ambiente complesso, con molti fattori (per esempio montagne e foreste) che concorrono a influenzare il clima”. “La ricerca pubblicata su Science potrebbe comunque fornire nuovi strumenti”, conclude Mercalli, “per migliorare soprattutto le nostre capacità di previsione stagionale, in questo caso per il periodo invernale”.

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