Pro e contro della stimolazione cerebrale

In gergo scientifico, si chiama stimolazione elettrica transcraniale diretta (tDCS): solleticare alcune aree del cervello applicando una leggera corrente elettrica tramite elettrodi sul cuoio capelluto. È una tecnica che ha già dato buoni effetti: gli scienziati l’hanno utilizzata con successo per accelerare la riabilitazione di pazienti colpiti da ictus. E anche il Darpa, l’agenzia per la difesa statunitense, ha studiato a lungo la tDCS per migliorare le capacità di apprendimento dei militari. Ma, come si suol dire, non è tutto oro quel che luccica: un nuovo studio, pubblicato sul Journal of Neuroscience, suggerisce che potrebbe esserci un rovescio della medaglia: i miglioramenti ottenuti grazie alla tDCS nel campo delle abilità cognitive potrebbero comportare dei deficit in un altro campo.

Il neuroscienziato cognitivo Roi Cohen Kadosh, della University of Oxford, che ha condotto lo studio, ha studiato in dettaglio la tDCS allo scopo di aumentare le abilità matematiche degli studenti. In particolare, ha fatto richiesta per un brevetto di uno stimolatore cerebrale che nelle aspettative potrà aiutare chi studia matematica ad acquisire più velocemente le basi teoriche e le abilità pratiche necessarie allo studio della disciplina. 

Assieme alla collega Teresa Iuculano di Stanford, Kadosh ha sottoposto a 19 volontari lo studio di un nuovo sistema numerico basandosi su un procedimento di prove ed errori. Il sistema si basa su simboli arbitrari, cioè forme geometriche astratte che rappresentano le cifre decimali. In varie sessioni di allenamento, ai volontari sono stati mostrati due simboli e gli è stato chiesto di indicare quale dei due rappresentasse una quantità maggiore. I risultati delle prove, naturalmente, sono diventati sempre più precisi man mano che l’apprendimento andava avanti.

A tutti i volontari sono stati applicati degli elettrodi sul cuoio capelluto: alcuni hanno ricevuto una lieve stimolazione elettrica della corteccia parietale posteriore, l’area coinvolta nei processi cognitivi numerici, mentre altri hanno ricevuto la stimolazione della corteccia prefrontale dorsolaterale, la regione attivata durante le fasi di apprendimento e memorizzazione. Un terzo gruppo di controllo, infine, ha ricevuto una stimolazione fasulla, che causava soltanto un piccolo formicolio sulla pelle e nessun cambiamento nell’attività cerebrale. 

Questi i risultati: i volontari che avevano ricevuto la stimolazione della corteccia parietale hanno imparato il nuovo sistema numerico prima del gruppo di controllo, ma i loro tempi di reazione, a distanza di una settimana, erano più lenti quando dovevano utilizzare le nuove conoscenze per risolvere compiti per cui non si erano allenati. In sostanza, spiega Kadosh, “è come se avessero avuto difficoltà nell’accesso a quello che avevano appena imparato”.

Il gruppo che ha ricevuto la stimolazione dell’area prefrontale, invece, ha mostrato il comportamento opposto: era più lento del gruppo di controllo nell’apprendimento, ma ha ottenuto risultati migliori, in termini di velocità, nel test eseguito alla fine dell’esperimento. I neuroscienziati sono arrivati alla conclusione che stimolare le regioni del cervello abbia i suoi pro e contro: “Proprio come i farmaci, la stimolazione cerebrale ha degli effetti collaterali”, sottolinea Kadosh. Lo scienziato è convinto che siano necessarie ulteriori ricerche per massimizzare i benefici e ridurre gli svantaggi della tecnica: l’approccio della tDCS può dare qualche risultato solo se utilizzato strategicamente, selezionando la regione del cervello giusta e applicando la stimolazione a margine di una strategia di allenamento convenzionale. Sfuma così, dunque, la chimera di imparare nuovi concetti senza alcuno sforzo mentre si dorme, per esempio: “La stimolazione è inutile, o addirittura dannosa, a meno che non la si effettui in combinazione con altre strategie di apprendimento”, conclude Kadosh. 

Via: Wired.it

Credits immagine: jj_judes/Flickr

1 commento

  1. Nonostante mi ritenga una persona abbastanza concreta,non di facili entusiasmi,la possibilità di apprendere con uno sforzo relativo mentre si dorme non mi sembra una chimera.
    Stimolare alcune regioni del cervello che si pensa svolgano specifiche funzioni,per accelerare l’apprendimento,è un punto di partenza sbagliato,bisogna stimolare solo alcuni livelli di corteccia di queste aree.
    Per fare questo si devono stimolare solo alcune specifiche aree cerebrali nel periodo di ogni stadio di sonno non REM.
    Per questo scopo più che la stimolazione elettrica transcranica che potrebbe disturbare il sonno,vedrei bene la stimolazione magnetica transcranica.

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