Probabilmente non esistono altre forme di vita intelligente nell’Universo

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Dove sono tutti? Perché non abbiamo ancora trovato tracce di altre civiltà nell’Universo? Data l’immensità dello Spazio è ragionevole pensare che non siamo soli, eppure da decenni cerchiamo tracce di intelligenza extraterrestre senza successo. A sciogliere la domanda “dove sono tutti?” – sintesi estrema del paradosso di Fermi – ci si prova da tempo, adducendo motivazioni di vario tipo (ci sono bassissime probabilità che si sviluppi la vita, le civiltà intelligenti hanno breve durata, etc), ma il dibattito è ancora vivo. Gli ultimi a provare a rispondere al Paradosso di Fermi sono Anders SanbergEric Drexler e Tod Ord dell’Università di Oxford, che hanno reso pubblico su ArXiv uno studio in cui affermano che, alla luce delle nostre conoscenze attuali, la probabilità che l’umanità sia sola è abbastanza elevata.

I ricercatori sono partiti dalla famosa equazione di Drake, una formula che l’astronomo Frank Drake ideò negli anni ’60 per stimare il numero di civiltà nella nostra galassia in grado di prendere contatto con la nostra.

La formula è la seguente:

N = R * x FP x NE x FL x FI x FC x L

E afferma che il numero di civiltà (N) nella nostra galassia che potremmo riuscire a contattare può essere determinato moltiplicando il tasso medio di formazione stellare nella nostra galassia (R *), la frazione di stelle con pianeti (FP) , il numero di pianeti che possono effettivamente supportare la vita (NE), il numero di pianeti che potrebbero sviluppare la vita (FL), il numero di pianeti che potrebbero sviluppare vita intelligente(FI), il numero di civiltà in possesso di tecnologie di trasmissione (FC) e il periodo di tempo in cui queste civiltà dovrebbero trasmettere i loro segnali nello spazio (L).

Secondo Sanberg e colleghi i parametri che vengono in genere utilizzati per risolvere l’equazione non terrebbero conto delle grosse incertezze dei dati e che basta essere un po’ più ottimisti o un po’ più pessimisti nella scelta di un parametro perché il risultato della formula cambi considerevolmente.

Per questo nel loro studio hanno considerato i parametri dell’equazione come degli intervalli di incertezza: invece di prendere il valore che le variabili dovrebbero avere, hanno utilizzato i valori più grandi e quelli più piccoli di ogni stima (gli estremi dell’intervallo di incertezza) in base alle attuali conoscenze. Il risultato non è dunque un unico valore ma una distribuzione: “Abbiamo scoperto che usando le stime approssimate presenti in letteratura […] si può avere una situazione in cui il numero medio di civiltà nella galassia è piuttosto alto – diciamo un centinaio – e in questo caso la probabilità che siamo soli nella galassia è del 30%”ha commentato Sanberg a Universe Today. “Se invece proviamo a rivedere i valori alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, le cose diventano ancora più estreme. Questo perché in base a ciò che sappiamo la probabilità di ottenere vita e intelligenza su un pianeta ha un’incertezza: non possiamo escludere che quasi ovunque ci siano le giuste condizioni, ma non possiamo nemmeno escludere che sia un fenomeno astronomicamente raro. Ciò porta a un’incertezza ancora maggiore sul numero di civiltà, che ci porta a concludere che esiste una probabilità abbastanza elevata di essere soli. Pur tuttavia, concludiamo anche che non dovremmo essere troppo sorpresi se trovassimo intelligenza extraterrestre”.

Gli autori non sostengono che l’umanità sia sola, ma che con le conoscenze di oggi è molto più probabile che non ci siano altre civiltà intelligenti nella nostra galassia.  Quindi? Fermiamo le ricerche? Assolutamente no. Continuare a studiare e a cercare è l’unico modo per ridurre l’incertezza.

Via Wired.it

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