Ci siamo. La navicella russa Progress 59, che avrebbe dovuto rifornire la Stazione spaziale internazionale ma poco dopo il lancio finita fuori controllo, potrebbe rientrare in atmosfera domani, 8 maggio. Più precisamente gli esperti che seguono l’evolversi della situazione parlano di una finestra temporale che va dalla serata di oggi, 7 maggio, alla mattina di sabato 9 maggio.
Alcune parti della navicella (sette tonnellate di peso per circa sette metri di lunghezza) potrebbero, come vi avevamo raccontato, sopravvivere all’impatto con l’atmosfera (a contatto con la quale dovrebbe bruciare) e giungere fino a Terra. Ma cosa significa rientrare in atmosfera in modo incontrollato, considerato che è questo il destino che spetta a circa l’80% dei satelliti (sebbene più piccoli di Progress)?
“Per convenzione si dice che un oggetto rientra nell’atmosfera quando precipita a 120 chilometri di quota”, spiega Carmen Pardini dell’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Isti-Cnr): “Da quel punto l’attrito dell’aria diventa sempre più significativo e parti delle strutture quali pannelli solari, antenne o appendici varie possono staccarsi anche tra i 110 e i 90 chilometri di altezza. In genere la struttura principale dei satelliti, dove è concentrata gran parte della massa, rimane intatta fino a 80 chilometri di quota, dopo di che l’azione combinata di forze aerodinamiche e riscaldamento la disintegra, coi suoi componenti a loro volta esposti alle condizioni proibitive dell’ambiente circostante”, continua Pardini: “Il destino dei vari pezzi dipende da composizione, forma, struttura, rapporto area-massa e momento di rilascio: gran parte si vaporizza ad alta quota, ma se il satellite è sufficientemente massiccio e contiene componenti particolari, come serbatoi di titanio e masse metalliche in leghe speciali, la caduta al suolo di frammenti solidi a elevata velocità, fino a qualche centinaio di chilometri orari, è possibile”.
Sul luogo del possibile impatto però non è possibile però fare previsioni affidabili. Holger Krag dell’European Space Operations Center di Darmstadt in proposito ha spiegato a Space.com che, in linea teorica, i frammenti della navicella potrebbe cadere in qualsiasi punto, sulla terra e sull’acqua, in una fascia compresa tra 51 gradi Nord e 51 gradi Sud (uno spazio che copre una zona compresa tra la punta della Germania e quella dell’Argentina). In ogni caso, continua Krag, solo una piccola frazione di frammenti potrebbero sopravvivere e distribuirsi su una grande area, motivo per cui la probabilità che qualcuno ne venga colpito è molto bassa. Qualche stima è la stessa Pardini ad azzardarla: “Facendo una valutazione generale sui rischi di rientro di oggetti dallo Spazio e tenendo conto della distribuzione degli oceani e delle terre emerse, se i detriti si distribuissero su un arco di 800 chilometri, la probabilità che cadano tutti in mare e nessuno sulla terraferma è del 62%. Ma se si disperdessero su un arco di duemila chilometri, tale probabilità scenderebbe al di sotto del 50%”.
Allo stesso modo, l’incertezza sul quando, sebbene ristretta rispetto a qualche giorno fa, rimane elevata, anche perché due sono i fattori che potrebbero influenzarlo: l’intensa attività del Sole di questi giorni (che avrebbe aumentato la densità dell’atmosfera) e dal propellente e dai frammenti che si sono liberati dopo l’incidente, forse a causa di un’esplosione avvenuta nell’ultimo stadio del lanciatore Soyuz, riferisce l’Ansa.
Nel frattempo l’orbita della navicella – una missione da 51 milioni di dollari – continua ad abbassarsi, seppur di poco: ora si troverebbe in un’altezza compresa tra i 165 e i 202 chilometri. Qualcosa di più si saprà con l’avvicinarsi stesso del rientro in atmosfera di Progress.
Via: Wired.it
Credits immagine: Nasa via Wikipedia