Quando i dinosauri portavano il guinzaglio

Il famoso passo delle Confessioni dove Sant’Agostino definisce (o, meglio, non definisce) il concetto di “tempo” – «Cos’è il Tempo? Se nessuno me lo chiede lo so, ma se cerco di spiegarlo, non ci riesco» – sembra essere ancora attuale. Concetto, quello di tempo, che nel corso del…tempo è stato oggetto di innumerevoli speculazioni. Si è parlato di “tempo lineare” (la “freccia del tempo”), di durata limitata oppure senza fine. Oppure di “tempo ciclico”, vedi per esempio la rigenerazione continua del tempo nelle mitologie di molte culture arcaiche discussa da Mircea Eliade [1]. I fisici sono passati dal “tempo assoluto” di Newton, contenitore di tutti i fenomeni, al tempo/spazio di Einstein, all’ipertime, al tempo reversibile, fino alla non  esistenza del tempo…  I greci hanno speculato sull’essenza del tempo e sulla durata del mondo. Secondo
Eraclito: «Questo mondo è stato fatto né dagli dei né dagli uomini, ma è sempre esistito, esiste, e sempre esisterà». In contrasto Platone nel Timeo: «Lui (Dio) ha generato un’immagine “mobile” di eternità …che è precisamente quello che noi chiamiamo Tempo… Ha generato i giorni e le notti, i mesi e gli anni che non esistevano prima… quando ha creato il cielo, il sole, la luna e le altre cinque stelle, allora il tempo potè  iniziare». Una concezione questa vicina a quella della tradizione biblico-cristiana. Ma non mi addentro in questioni “sublimi” quali il rapporto tempo-eternità. Vorrei invece tenermi “terra-terra”, e parlare del tempo trascorso dalla formazione del nostro pianeta. Questo discorso è stato ispirato da un libro di Roberto De Mattei [2], vicepresidente del CNR, dove si negano le evidenze di tempi lunghi (miliardi di anni) per la storia della Terra, si criticano i metodi di datazione radiometrica delle rocce, si ipotizza l’accumulo velocissimo delle potenti serie sedimentarie osservate dai geologi, e si accenna perfino alla coesistenza dei dinosauri con l’uomo preistorico.

La tradizione biblica
Nell’Occidente le idee sull’origine ed età della Terra sono state fortemente influenzate dalla tradizione biblica: una Terra che evolva in assenza di esseri umani era inconcepibile per l’uomo medievale e  rinascimentale, perché la Terra è stata creata ad uso e consumo dell’uomo [3]. Quindi una Terra (ma anche il Sole, le stelle….) non più antica di qualche migliaio di anni. Nel Cinquecento e Seicento molti si avventurarono a calcolare l’età della Terra sulla base del numero di generazioni intercorse nella Bibbia da Gesù ad Adamo. La stima più nota è quella dell’arcivescovo d’Irlanda Ussher, che intorno al 1650 pose la data di nascita della Terra all’ottobre del 4004 prima di Cristo. Fino all’Ottocento l’idea di una Terra con un’età di qualche migliaio di anni era quasi universalmente accettata, anche da pionieri della scienza moderna come Keplero e Newton. Una nota con la data calcolata da Ussher fu addirittura inserita nella versione canonica della Bibbia anglicana.

Sembra Darwin ne avesse con sé una copia quando si imbarcò sulla Beagle. Se anche Darwin credeva a una Terra così giovane quando nel 1835 salpò da Plymonth, suppongo avesse cambiato idea quando quasi cinque anni più tardi la Beagle entrò nel porto di Falmonth. Ma quando Darwin iniziò il suo viaggio un acceso dibattito sull’età della Terra era già in corso da tempo. Prima del 1750 pochi “cantavano fuori dal coro”,  anche perché la cosa comportava qualche rischio (vedi ad esempio cosa accadde nel 1600 a Giordano Bruno). Uno di questi fu Benoit de Maillet (1656-1738), che nella sua opera Telliamed espose una teoria, in parte ispirata dalle idee di Cartesio, secondo cui la Terra era stata una stella “calda” simile al Sole, che, dopo essersi raffreddata, venne coperta da un profondo oceano. L’evaporazione causò una continua diminuzione del livello delle acque e la graduale emersione dei continenti, fino poi al totale disseccamento della superficie terrestre. Il nostro pianeta tornerebbe poi a riscaldarsi, per finire di nuovo come un sole incandescente. De Maillet valutò in circa 5 miliardi di anni la durata di questo ciclo: tempi totalmente al di fuori dell’ortodossia allora dominante. L’opera di de Maillet fu pubblicata postuma nel 1748 a cura dell’abate Jean le Mascrier, che però ne censurò i passi più “eretici”: ciò non impedì a Voltaire e a altri intellettuali del tempo di criticarla in maniera feroce.

Dalla seconda metà del Settecento le speculazioni sull’età del pianeta si calano sempre di più sulla terra reale e cominciano a giovarsi di osservazioni geologiche e biologiche da parte di figure come Stenone, Buffon, Werner, Hutton, poi più tardi Lyell e molti altri. In particolare, le stime sulla velocità di erosione delle montagne, il rivelarsi della natura dei fossili, e l’osservazione di potenti  sequenze sedimentarie hanno gradualmente portato alla realizzazione che la storia della Terra non può limitarsi a poche migliaia e nemmeno a pochi milioni di anni. Vi furono tentativi quasi eroici di allungare i tempi della Genesi per adeguarli a quelli dei geologi. Per esempio, fu proposto che la durata del giorno nelle fasi giovanili della Terra fosse molto più lunga di quanto non sia oggi (in realtà è vero l’opposto: la velocità di rotazione della Terra è gradualmente diminuita e la durata del giorno è quindi andata aumentando). La  famosa conclusione del saggio di James Hutton The Theory of the Earth (pubblicato nel 1788) è un indice del cambiamento di prospettiva: «Il risultato della nostra ricerca è che non troviamo né vestigia di un inizio né indizi di una fine». Cambiamento di prospettiva che sfocia in una vera e propria rivoluzione culturale: Stephen J. Gould [4] cita Mark Twain che, paragonando l’età della Terra all’altezza della Torre Eiffel, suggerì che la comparsa dell’uomo equivalesse allo spessore della vernice sulla cima della Torre. Un bel colpo alla hubris di Homo sapiens, che alcuni (vedi il libro di De Mattei) però ancora non accettano.

Lord Kelvin e Darwin
Verso la metà dell’Ottocento, quando Darwin scriveva L’Origine delle Specie, il concetto di “tempo profondo” non era più un tabù; anzi, era ormai accettato dalla maggioranza dei geologi. Ma ecco che il più grande fisico dell’epoca, William Thompson (Lord Kelvin) dimostrò con equazioni semplici ed eleganti che (a) se la Terra all’inizio era un corpo incandescente, il suo raffreddamento per perdita di calore, fino a raggiungere lo stato termico attuale, è avvenuto al massimo in poche decine di milioni di anni; (b) il Sole non può aver emesso nel passato la quantità di calore che emette oggi per più di poche decine di milioni di anni. Conclusione: l’età della Terra non può essere superiore a poche decine di milioni di anni. Panico tra i geologi, (che allora, come oggi, soffrivano di un forte complesso di inferiorità rispetto ai fisici). Anche Darwin fu intimidito dalla fisica di Lord Kelvin [3], tanto che nella sesta e ultima edizione (1872) de L’Origine delle Specie eliminò alcuni passi inclusi nelle edizioni precedenti, e aggiunse il seguente paragrafo: «L’obiezione avanzata da Sir William Thompson è probabilmente una delle più gravi finora avanzate, e posso dire: in primo luogo non sappiamo a quale ritmo calcolato in anni, cambiano le specie: in secondo luogo, molti  filosofi non sono ancora disposti ad ammettere che conosciamo abbastanza sulla costituzione dell’universo e sull’interno del nostro globo per speculare con sicurezza sulla sua durata nel passato».

Darwin era già morto da una decina di anni quando, con la scoperta della radioattività, i calcoli di Lord Kelvin persero ogni valore. Infatti il decadimento di elementi radioattivi produce calore all’interno della Terra e rallenta il raffreddamento del nostro pianeta; inoltre il calore prodotto da reazioni nucleari può mantenere
il Sole caldo per tempi lunghissimi. La scoperta della radioattività fornì poi a Homo sapiens un metodo  possente per misurare l’età del pianeta che lo ospita.

Datazioni radiometriche
Alcuni isotopi sono instabili (o radioattivi); cioè sono soggetti a reazioni nucleari spontanee, che li  trasformano in isotopi di altri elementi. Nella trasformazione di un elemento in un altro, il decadimento di una data proporzione degli atomi iniziali avviene in un tempo fisso e costante, espressa dai fisici con il concetto di half life (“tempo di dimezzamento”), cioè il tempo in cui il numero degli atomi di un elemento radioattivo si dimezza. Conoscendo il tempo di dimezzamento di un isotopo radioattivo, e misurando in un dato minerale il rapporto tra l’isotopo “madre” rimasto, e l’isotopo “figlio” che si è accumulato, si può calcolare l’età di  formazione del minerale stesso. Già intorno al 1920 Rutherford usò la reazione Uranio 238 →Torio 234 + Elio 4 per datare alcuni minerali ad oltre due miliardi di anni. I sistemi radioattivi più utili per risalire all’età della Terra sono: Uranio 238 ⇒Piombo 206 + Elio 4 (tempo di dimezzamento 4 miliardi 500 milioni di anni); Uranio 235 ⇒Piombo 207 + Elio 4 (tempo di dimezzamento 704 milioni di anni). In questi ultimi anni si sono messe a punto tecniche per determinare le concentrazioni di questi isotopi anche in singoli minerali visibili solo al microscopio. Tra questi per esempio lo zircone (silicato di zirconio), un minerale resistente all’alterazione, caratteristico di rocce granitiche continentali. I più antichi tra questi minerali, datati con il metodo U-Pb, hanno un’età di quasi 4,4 miliardi di anni: età questa dei primi continenti.

Per sapere quando si è formata la Terra occorre avere un’idea di come si sia formata. C’è un ampio consenso sull’idea che la Terra e gli altri pianeti del sistema solare si siano generati per aggregazione di particelle solide e gas da una nebulosa a forma di disco con al centro il “protosole”. Un’idea antica (risale a Kant e Laplace nel XVIII secolo, come già ci insegnavano al liceo), confermata recentemente dalla scoperta di nebulose discoidali, alcune contenenti pianeti, attorno a giovani stelle. Alcune meteoriti (“condriti carbonacee”) rappresentano probabilmente relitti dei frammenti primordiali (planetesimi) la cui aggregazione ha dato origine alla Terra. Le loro età ottenute con il metodo Uranio/ Piombo, convergono tutte intorno a 4 miliardi e 560 milioni di anni; questa dovrebbe essere l’età dell’aggregazione dei planetesimi che hanno formato il nostro pianeta. Ma, indipendentemente dalle datazioni radiometriche, le evidenze inoppugnabili che escludono per la Terra un’età di solo migliaia o milioni di anni sono troppo numerose per essere discusse qui. Cito solo un esempio: che l’Euroafrica e le Americhe fossero unite, e che si stiano allontanando tra loro, è un fatto acquisito da molte osservazioni. L’andamento delle anomalie magnetiche ottenute dal fondo dell’Atlantico, e misure geodetiche, mostrano come la velocità di allontanamento dei due blocchi continentali sia oggi e sia stata nel passato intorno a due centimetri per anno. Ne segue che l’apertura dell’Atlantico iniziò oltre 100 milioni di anni fa. Fosse vero che la Terra ha un’età di poche migliaia o milioni di anni, i due continenti dovrebbero viaggiare alla velocità quasi di un treno….

Ominidi e dinosauri
Cosa dire dell’idea esposta nel volume di De Mattei da Joseph Holzschul insieme ad altri, che i dinosauri fossero contemporanei all’uomo preistorico? Sembra sia basata su immagini somiglianti a dinosauri tracciate sulle pareti di grotte preistoriche in Israele, in Cambogia, Siria e nel Grand Canyon. Ma numerosi studi (vedi gli scritti di Carl Jung o il saggio già citato di Mircea Eliade) mostrano come una delle figure mitiche più  comuni nelle culture primitive fosse quella del drago, un animale fantastico che può assomigliare ad alcuni tipi di dinosauro. San Giorgio che trafigge il drago è un tema ricorrente nell’iconografia cristiana. Possiamo allora ipotizzare che l’estinzione dei dinosauri sia avvenuta non nel Cretaceo circa 65 milioni di anni fa a causa (forse) di un asteroide, ma nel Medio Evo per opera della spada di San Giorgio? Nella Bibbia c’è chi ha chiesto al Sole di fermarsi nel suo tragitto quotidiano intorno alla Terra: ma sono (quasi) certo che De Mattei creda sia la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa. Su questo punto si è infatti da tempo  aggiunto un consenso generale, cui si è approdati dopo secoli di controversie. Allo stesso modo c’è oggi un solido consenso sul concetto che l’età della Terra sia di quattro miliardi e mezzo di anni. Anche qui, una convergenza raggiunta faticosamente, dopo secoli di controversie, di dibattiti, di incertezze. D’altra parte, se la fede può smuovere le montagne, può certo anche ringiovanire la Terra di qualche miliardo di anni; può scavare il Grand Canyon in una settimana; può far variare i tempi di dimezzamento delle reazioni di  decadimento radioattivo, far convivere l’uomo preistorico con i dinosauri, e così via. Se qualcuno vuol credere che Homo sapiens passeggiasse nelle praterie della preistoria con Tyrannosaurus rex al guinzaglio, io dico: “va bene… let it be!”, come nella canzone dei Beatles. Però mi è difficile capire perché una persona che evidentemente non ha alcuna fiducia nella scienza moderna, voglia poi fare il vicepresidente della principale istituzione scientifica del nostro paese. Come bilanciare le cose? Non so… forse il professore Piergiorgio Odifreddi potrebbe assumere la vicepresidenza della Commissione Episcopale Italiana?

BIBLIOGRAFIA
[1] ELIADE M., «TheMyth of the Eternal Return», Princeton University Press, Princeton USA 1954.

[2] DE MATTEI R., «L’Evoluzionismo, Tramonto di un’Ipotesi», Cantagalli, Siena 2009.

[3] ROSSI P., «I Segni del Tempo», Feltrinelli, Milano 1979.

[4] GOULD S.J., «Time’s Arrow, Time’s Cycle», Harward University Press, Harvard USA 1987.
 
Da Sapere, febbraio 2011

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