Categorie: AmbienteVita

Quanta vita nei fondali dell’Artico!

Due settimane nelle gelide acque dell’Oceano Artico, tanto è durato il viaggio dei ricercatori del Cage (Centre for Arctic Gas Hydrate, Environment and Climate), con l’obiettivo di analizzare i suoi fondali nelle aree note per le emissioni naturali di gas metano. Quasi 30.000 le immagini catturate. Ma ad avere il sapore dell’eccezionalità non è tanto il numero degli scatti quanto il contenuto.

A rendere possibile tutto questo è stato un sofisticato sistema di telecamere digitali, Towcam, capace di funzionare in condizioni estreme (oscurità, profondità, basse temperature, pressioni elevate) oltre che di consentire il prelievo di campioni di acqua e altro materiale: trainato sul fondo dalla nave, ha funzionato giorno e notte scattando foto ogni 10 -15 secondi. Incredibile quanto unico quello che si è potuto vedere per la prima volta a più di mille metri di profondità, complice anche il Sole di mezzanotte. Ma cosa hanno trovato in queste acque i ricercatori?

Prima di tutto vermi tubo (Riftia pachyptila), tanti, tantissimi. Si tratta di anellidi policheta – lunghi fino a due metri – che come habitat marino di solito preferiscono abissi dell’Oceano Pacifico o il rift delle Galapagos. Parassiti senza bocca e senza tubo digerente ma con branchie rossastre che contengono emoglobina, assorbono nutrienti direttamente nei loro tessuti e sono abitati da miliardi di batteri.

A far compagnia ai vermi tubo, su un fondale colonizzato da bianche stelle marine, altrettante razze dai colori sgargianti delle dimensioni di circa 80 centimetri. 

Non da meno i crinoidi, una classe di echinodermi più conosciuti come gigli di mare o stelle marine piumate. A caratterizzare questi grandi produttori di carbonato, un calice che contiene e sostiene i visceri, lunghe braccia, cinque in genere, ramificate e a forma di piuma il cui movimento nell’acqua sembra una danza.

Ma non è tutto. Presenti anche estesi blocchi di carbonato tappezzati da batteri e abitati, a 500 metri di profondità, da anemoni e spugne e per finire, branchi di merluzzi incuriositi dal raggio laser emesso dal sistema di telecamere.

Riferimenti: Cage

Credits immagini: Cage

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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