Quanto consuma casa tua?

La breve (per noi) crisi energetica dello scorso inverno, provocata dalla momentanea riduzione delle forniture di gas dalla Russia, ci ha ricordato, se ce n’era bisogno, quanto siamo dipendenti dai paesi esteri, e quanto serio potrebbe diventare il problema nel prossimo futuro. E ci ha ricordato che i problemi dell’energia non sono legati solo alle automobili. Il settore edilizio assorbe il 40 per cento del consumo energetico complessivo, ed è responsabile del 50 per cento dell’inquinamento prodotto. Proprio a questo, e alle possibilità di risparmio esistenti in questo settore, è dedicato un convegno, “Città solari: fonti rinnovabili ed efficienza energetica negli edifici per vivere in un ambiente urbano sostenibile”, che si svolge a Roma, al Campidoglio, il 15 maggio. Il convegno è organizzato da Ises Italia (sezione italiana della International Solar Energy Society, associazione scientifica no profit per la promozione dell’energia solare) con il sostegno del Comune di Roma.

Gli esperti che si riuniranno a Roma discuteranno le opzioni, tecnologiche e normative, disponibili per migliorare l’efficienza energetica del settore edilizio nel nostro paese. A farci il quadro della situazione è Giuliano Dallò, docente al Politecnico di Milano, responsabile del gruppo di lavoro sull’efficienza energetica del Kyoto Club e membro del Consiglio di Amministrazione di Ises Italia. Qual è l’attuale quadro normativo sull’efficienza energetica degli edifici? “Il punto di partenza è la Direttiva europea del 2002 sull’efficienza energetica degli edifici, che aveva l’obiettivo di contrastare la crescente dipendenza energetica dall’estero dei paesi europei. Secondo la Commissione Europea, questa dipendenza potrebbe arrivare al 70 per cento entro il 2030.

Tuttavia, si calcola che nel settore edilizio si possa ottenere facilmente, con le tecnologie esistenti, un risparmio del 22 per cento. Quella direttiva ha introdotto allora tre novità principali. La prima era la definizione di limiti precisi per la prestazione energetica degli edifici, condivisi da tutti gli stati membri. Poi l’obbligo di certificazione energetica delle nuove costruzioni, e il controllo regolare dell’efficienza di impianti di riscaldamento e condizionamento”. L’Italia ha recepito quella direttiva? “Lo ha fatto con un decreto legislativo dell’agosto 2005, in teoria in modo integrale, anche se in pratica mancano ancora dei decreti attuativi. Il decreto introduce per la prima volta in Italia valori di Fep (Fabbisogno energetico primario, un parametro utilizzato per valutare il consumo energetico necessario a riscaldare un edificio, ndr) a cui devono adeguarsi le nuove costruzioni o quelle che vengono ristrutturate.

Sono calcolati in base al rapporto tra superficie e volume dell’edificio e alla zona in cui viene costruito, perché i parametri climatici cambiano. Quindi, al momento di progettare un edificio il costruttore dovrà prevedere che le pareti rispettino precisi valori di dispersione del calore, calcolati in base ai materiali e alle tecniche costruttive utilizzate”. In che tempi verrà attuata la riforma? “Dall’inizio del 2006 all’inizio del 2009 si avrà una sorta di periodo di adeguamento per consentire agli operatori di adattarsi gradualmente alle nuove regole, che poi diventeranno più restrittive”.

E per quanto riguarda le fonti rinnovabili? “La legge prevede l’obbligo di inserire sistemi a energia solare (fotovoltaico, solare termico o entrambi) negli edifici pubblici, e di predisporre almeno per il solare gli edifici privati. È una spesa irrisoria in fase di realizzazione, mentre adattare gli edifici una volta costruiti costa molto”. L’ultimo punto è la certificazione energetica degli edifici. Chi la effettuerà? “Al momento mancano ancora le linee guida, che spetteranno alle Regioni. In ogni caso, verranno individuati dei soggetti indipendenti, a loro volta autenticati, che si occuperanno di certificare l’efficienza energetica degli edifici assegnando delle classi, un po’ come avviene oggi con gli elettrodomestici.

La cosa fondamentale è che queste certificazioni dovranno essere accettate e valorizzate dal mercato. Si dovrà diffondere la consapevolezza che, proprio come nel caso dei frigoriferi, un edificio ‘in classe A’ può costare di più all’acquisto, ma consente di risparmiare sulle spese energetiche nel corso dei decenni. Oggi ci sono già esperienze interessanti di certificazione volontaria che hanno dimostrato di funzionare, per esempio nella provincia di Bolzano o in alcuni piccoli comuni del Milanese”.

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