Categorie: Ambiente

Quanto è pericoloso lo sciame sismico di Messina

Erano le 5 e 21 del 28 dicembre 1908, quando gli abitanti di Messina furono svegliati dalle scosse del terremoto più distruttivo della storia italiana. Il sisma, di magnitudo 7.2, sollevò un’onda anomala che dallo Stretto si abbattè sulla città. La memoria della catastrofe, che costò la vita a 60 mila persone, torna oggi a tormentare gli abitanti del capoluogo siciliano. Da più di una settimana, infatti, la zona è attraversata da uno sciame sismico che ha subito risvegliato brutti ricordi. Compreso quello del sisma che ha colpito L’Aquila nel 2009. Proprio in quell’occasione, il disastro era stato preceduto da una serie di piccole scosse.

E’ possibile, allora, che i movimenti tellurici di Messina possano essere paragonati a quelli registrati poco prima del terremoto in Abruzzo? C’è il rischio che la città possa rivivere una tragedia simile a quella già affrontata più di un secolo fa? Ecco cosa ne pensa Claudio Chiarabba, sismologo del Centro Nazionale Terremoti presso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).

Dottor Chiarabba, questi sciami sismici sono una novità per l’area di Messina?

“In realtà si tratta di eventi molto comuni: tutta la crosta terrestre è caratterizzata da scosse continue. Si tratta di una sismicità ‘di fondo’ a cui si aggiungono, a volte, delle sequenze di piccoli terremoti più rilevanti, che noi chiamiamo appunto ‘sciami’. La loro durata può variare da una o due settimane fino addirittura ad alcuni mesi. Sul territorio italiano, questi eventi si verificano molto spesso, tanto che a Messina è già accaduto negli anni Novanta. Allora si manifestò uno sciame di magnitudo 4 che però non diede seguito a nessun sisma più forte”.

Questo significa che a Messina non si verificherà mai più un terremoto?

”No, è impossibile prevedere una cosa del genere. A priori nessuno può sapere se uno sciame sismico precederà o meno un terremoto di grandi proporzioni. Certo, la probabilità che si verifichino scosse molto forti non è particolarmente alta, ma questo non vuol dire che non possano mai verificarsi. Tra l’altro, la zona del messinese in cui sono state registrate le ultime scosse è poco conosciuta dal punto di vista sismologico. Infatti ci troviamo di fronte a una variazione tettonica molto particolare, diversa da quella assai più nota che caratterizza l’arco degli Appennini”.

Quali sono queste peculiarità della zona di Messina?

“Si tratta di una regione sismica situata nelle vicinanze di uno svincolo tettonico che lega il monte Etna ai vulcani delle isole Eolie. Da una parte c’è un’area – quella situata a 20-30 km dalla costa di Messina – in cui i movimenti determinano un’estensione della faglia; dall’altra – nella zona che va da Ustica a Palermo – è invece in atto una compressione. La presenza, poi, di un gigante come l’Etna determina una grande attività geosismica che genera un rumore di fondo capace di mascherare gli altri eventi tellurici. Nel complesso, l’intera zona è soggetta a molte deformazioni, valutate nell’ordine di alcuni centimetri all’anno. Altrove queste variazioni raggiungono solo i pochi millimetri”.

Le scosse di questi ultimi giorni possono avere qualcosa in comune con quelle del 1908?

“Al momento non sembra esserci alcuna relazione tra lo sciame di questi giorni e il sisma del secolo scorso. Prima di tutto, gli eventi del 1908 si sono verificati in una struttura tettonica diversa, e precisamente nella zona in estensione posizionata più a est. Gli eventi sismici di cui stiamo parlando adesso sono localizzati altrove, nella zona di compressione. In particolare, si sono verificate numerose scosse che hanno però rilasciato poca energia. La faglia, di conseguenza, non subisce grandi stravolgimenti che potrebbero portare al punto di rottura”.

In che modo è organizzata la vostra rete di monitoraggio sismografico?

“Negli ultimi anni la rete nazionale di stazioni sismiche è stata potenziata, grazie anche all’installazione di strumenti di superficie vicino alle coste. Grazie a questo network di monitoraggio siamo in grado di registrare tutte le scosse che avvengono sul territorio. Nel caso si verificasse una scossa molto forte, possiamo allertare la Protezione Civile nell’arco di due minuti e inviare loro un costante aggiornamento sulla situazione sismica. Tutte le informazioni relative ai terremoti vengono inoltre pubblicate in tempo reale sul nostro sito internet”.

In conclusione, è possibile trovare qualche nesso tra questo sciame sismico e quello che ha preceduto il terremoto de L’Aquila?

“Non è possibile fare alcun paragone per il momento, soprattutto perché lo sciame di Messina non si è ancora concluso. Ma anche nel caso in cui confrontassimo tutti i dati raccolti in Sicilia con quelli dell’Abruzzo non ci sarebbe alcun modo di correlarli tra loro. Subito dopo il sisma a L’Aquila, in Umbria si verificò uno sciame molto forte, caratterizzato da eventi 5-10 volte più numerosi rispetto alla precedente sequenza abruzzese. Tuttavia, non ha dato seguito a nessun altro evento catastrofico. Questo accade perché, a parità di zona tettonica, il rilascio di energia sismica può essere insufficiente a raggiungere il punto di rottura della faglia. La correlazione tra questi sciami e i terremoti può essere tracciata solo a posteriori, proprio come nel caso del forte sisma che ha colpito il Giappone lo scorso marzo”.

Lorenzo Mannella

Si occupa di scienza, internet e innovazione. Laureato in Biotecnologie presso l'Università di Pisa, ha frequentato il master SGP in comunicazione scientifica presso Sapienza Università di Roma. Collabora con Galileo dal 2011. Scrive per Wired, Sapere e L'Espresso.

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